Bernardino Drovetti e il suo contributo al Museo Egizio di Torino

L'Egitto e Bernardino Drovetti

Bernardino Drovetti è stato uno dei protagonisti che ha portato alla ribalta i reperti storici di origine egizia. Si tratta del massimo contributore della raccolta presente nel Museo Egizio di Torino.

Possiamo dire, senza alcuna remora, che è grazie a lui se oggi abbiamo la possibilità di visionare così tanti reperti egizi presenti a Torino, nonostante le giustificate lamentele del popolo egiziano.

Ma dobbiamo contestualizzare il periodo storico, il momento in cui Napoleone Bonaparte portò alla conoscenza delle corti europee la bellezza della Civiltà Egizia e incuriosì le persone a conoscere in maniera approfondita quel mistero ancora velato.

Con la scoperta della scrittura egizia, a opera dello studioso francese Jean-François Champollion il 27 settembre 1822 (data di pubblicazione della sua relazione), nacque lo studio dell’egittologia.

Inoltre, si sviluppò un fenomeno a cui fu dato il neologismo inglese tourism, tradotto in francese tourisme che diede vita ai viaggi avventurosi dei protagonisti maschili e femminili dell’epoca.

 

L'Egitto e Bernardino Drovetti

Il libro di Giorgio Caponetti e la storia di Drovetti

 

La figura di Bernardino Drovetti l’ho scoperta grazie all’immenso lavoro di ricerca svolto da Giorgio Caponetti. L’autore raccoglie testimonianze e lettere epistolari del protagonista, così da formare la storia della sua presenza in Egitto.

In quel particolare periodo storico, nell’area piemontese, le persone simpatizzavano per il re oppure occhieggiavano alla predominanza francese sul territorio.

Bernardino Dovretti parteggiò per i francesi tanto da partecipare alle campagne di Napoleone. Ebbe addirittura l’occasione di salvare la vita al cognato dell’Empereur, il famoso maresciallo Gioacchino Murat, che ritenne Drovetti sempre un suo grande amico.

Fu inviato come diplomatico in Egitto il 2 giugno del 1803 assieme al suo fidato amico che lo accompagnò in ogni sua avventura egizia. Lì conobbe diversi personaggi tra cui Jean Joseph Balthalon che gli affittò l’ufficio e la dimora.

Quando Balthalon se ne andò, Drovetti si prese cura della moglie tanto da avere assieme a lei un figlio, l’unico erede che riuscì ad avere, sebbene non  raccolse il testimone della perspicacia intellettuale paterna.

Ma soprattutto fece amicizia con Mehmet Alì, capo indiscusso dei territori egizi in quel tempo. Fintantoché Napoleone scorrazzava lasciando scompiglio in Europa, Dovretti rimase al suo posto.

Non appena Napoleone fu sconfitto ed esiliato nell’isola d’Elba intensificò la sua attività di raccolta dei reperti storici. Nel tempio della regina Nefertari ancora oggi è visibile il suo passaggio in quanto scalpellò la scritta: “Bernardino Dovretti 1817”.

 

papiro egizio

Gli incredibili incontri con Belzoni e Segato

 

Di ritorno da Tebe, Dovretti vide una scena incredibile. Più di duecento braccia stavano tirando una statua in pietra con delle lunghe corde. A dirigere i lavori c’era un uomo di alta statura, dai capelli corvini e dall’aria concentrata.

Quest’uomo altri non era se non il nostro amato padovano Giovanni Battista Belzoni che stava raccogliendo una quantità di reperti storici egizi da consegnare al British Museum di Londra.

Quel colosso di pietra era la Testa di Memnone che ancora oggi possiamo ammirare in una delle sale del museo londinese.

Tra Drovetti e Belzoni non corse buon sangue, sebbene Drovetti fu lesto ad ammettere il grande fiuto del padovano nel ritrovare tesori sepolti da millenni. Grazie a lui, infatti, furono scoperte ben otto tombe di re e regine Egizi nella sola Valle dei Re.

Un’altra conoscenza veneta che fece Drovetti fu il discusso Girolamo Segato, originario di Sospirolo, comune del bellunese. Segato crebbe a Firenze e si appassionò di egittologia.

Decise di partire alla scoperta dei tesori egizi ed ebbe la sventura di perdersi all’interno dei labirinti dell’ipogeo nella necropoli. Riuscì a uscire solo tre giorni dopo non senza conseguenze.

Infatti, una volta tornato in patria realizzò dei complementi di arredo con dei tessuti umani: aveva scoperto il segreto della mummificazione. Regalò un tavolo così realizzato al Granduca di Toscana, il quale rimase scandalizzato dall’ardire del bellunese e lo cacciò.

Segato rimase talmente offeso dal comportamento del Granduca che decise di non rivelare a nessuno la sua scoperta. Non a caso, ancora oggi nessuno conosce la formula originale ideata da Segato.

 

sarcofago egizio bernardino drovetti

La collezione Bernardino Drovetti

 

Al Museo Egizio di Torino arrivò la maggior parte dei ritrovamenti di Drovetti ma l’esploratore vendette la seconda parte della collezione al museo parigino del Louvre.

Stiamo parlando di quasi quattromila reperti suddivisi tra statue, mummie, stele, papiri, vasi e suppellettili, scarabei, amuleti, gioielli e bronzi. Tra questi a spiccare in bellezza è la statua di Amon, il faraone seduto sul suo trono con le mani appoggiate sulle gambe con il suo tipico sguardo misterioso.

La statua fu rinvenuta a Tebe, la scritta nel piedistallo è eloquente e riporta: “Découvert par J.F. Rifaud, sculpteur au service de M. Drovetti à Thèbes 1818“.

Il suo prezzo di vendita fu centocinquantamila franchi che paragonati a oggi corrispondono a circa 1.700.000 euro. Quasi un tesoro dal valore inestimabile.

Il 30 agosto 1824 la collezione Drovetti fu sistemata nelle sale del Museo Egizio di Torino secondo le indicazioni dell’architetto Ferdinando Bonsignore e furono visionati anche dall’appassionato egittologo Champollion, accorso in città per studiare i geroglifici.

Il museo venne inaugurato ufficialmente l’8 novembre 1824 da re Carlo Felice. A comunicare la lieta novella fu Alighiero Buffa di Perrero, vecchio amico di Bernardino Drovetti.

Dopo molti anni dall’evento, Drovetti lasciò l’Egitto ma andò a vivere in Francia. Fece ritorno nella sua amata terra e oggi le sue spoglie riposano al Cimitero Monumentale di Torino.

La prossima volta che andrai a visitare il Museo Egizio ringrazia chi con enorme difficoltà convinse i reali sabaudi a dedicare le sue scoperte all’intera popolazione mondiale.

 

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