Globetrotter, wanderlust, travelholic… di che cosa sto parlando?
Globetrotter, wanderlust, travelholic, travel addicted… che significano questi vocaboli esattamente? Ok, iniziamo con calma
Si tratta di vocaboli che sono entrati nel gergo comune del viaggiatore e che molti usano e abusano in maniera spropositata soprattutto come hashtag su Instagram (me compresa).
Ho cercato i significati nel web e nei libri, così come avevo precedentemente fatto in un altro articolo di ricerca su “fernweh”.
In sostanza è una parola di origine tedesca che significa nostalgia della lontananza e si contrappone a Wanderlust, più conosciuto e usato, grazie anche per essersi prestato come titolo in un film con Jennifer Aniston.
Wanderlust
Wanderlust è una parola di origine tedesca che significa “desiderio perenne di viaggiare”. Un’esigenza che spinge la persona a essere in continuo movimento.
Wander significa appunto camminare, è identifica il moto. La routine è letale, l’unica salvezza è l’idea di avere nuove mete da scoprire. La mente è in perpetuo movimento e necessita di continui stimoli per vivere un’esistenza soddisfacente. Si tratta di un viaggiatore affamato di conoscenza e di libertà. Il suo luogo ideale è il mondo intero, senza nessun confine.
Globetrotter è un altro termine che ha avuto molto seguito negli anni passati ma che ora è caduto in disuso e si sente sempre più raramente riferito ai viaggiatori.
Globetrotter
Il globetrotter è un viaggiatore creativo che raramente segue un programma definito. Stabilisce gli itinerari strada facendo, usando mezzi di fortuna. Ha un carattere piuttosto audace e avventuriero.
Identifica un luogo e lo raggiunge seguendo l’istinto. Oppure tenta la sorte in un’impresa originale spinto dal suo animo indomito e ribelle.
La parola di origine inglese è stata coniata nel XIX secolo. Identificava quegli avventurieri e avventuriere che tentavano imprese impossibili guadagnando un’importante risonanza mediatica. Si trattava per lo più di aristocratici o di gente facoltosa.
Al giorno d’oggi i due vocaboli vengono usati per esprimere lo stesso concetto: un individuo avventuroso che desidera scoprire nuovi paesi.
Travelholic e travel addicted
Il primo termine prende vita dalla fusione di travel e il suffisso finale -holic che identifica tutto ciò a cui si è dipendenti. In sostanza, quindi, essere un travelholic significa sentire costantemente l’esigenza di viaggiare, di controllare i voli o di pensare a nuove mete.
Travel addicted è il suo sinonimo e indica quelle persone che hanno come priorità nella vita quella di viaggiare a discapito di qualsiasi altra possibile passione.
Nomade digitale e globetrotter
Negli ultimi anni stanno prendendo piede i nomadi digitali. Ma chi sono? Si tratta di quelle persone che lavorano prevalentemente su internet o hanno un’attività digitale e non necessitano di una stazione fisica dove rapportarsi con i clienti.
Questo perché i clienti, spesso, sono anch’essi dei lavoratori digitali. In Italia il riconoscimento della figura va a rilento perché si fa fatica a ragionare da imprenditori digitali in primis, ma soprattutto perché non si è pronti ad accettare di non avere i dipendenti sotto stretta sorveglianza.
Nonostante ciò il fenomeno è in continua crescita e quindi dovremmo abituarci a sentire parlare di persone che lavorano viaggiando! Trovi il gruppo dei nomadi digitali anche su Facebook. Un altro vocabolo molto conosciuto è backpacker e identifica uno specifico modo di viaggiare.
Backpacker
Il backpacker è il classico viaggiatore “zaino in spalla”. Di solito predilige gli itinerari low budget e lo street food rispetto ai ristoranti. La sua parola d’ordine è il risparmio.
Viaggia su mezzi pubblici e preferisce investire i soldi in tour o musei. Ciò che importa è entrare nell’autentico tessuto sociale del paese che visita, avvalendosi di tutti e cinque i sensi.
Backpacker deriva dall’inglese e corrisponde al vocabolo italiano “saccopelista”. In origine il backpacker dormiva in luoghi di fortuna con il sacco a pelo, ora si è evoluto soggiornando in ostelli o in alloggi condivisi. Al viaggiatore a piedi si contrappone quello in van, un’evoluzione rispetto al classico camperista.
Van Life
Van Life identifica uno stile di vita più che uno stile di viaggio. Può essere definito come il backpacker motorizzato, perché anch’esso vive in modo frugale e senza troppe pretese.
Chi decidere di intraprendere questo tipo di vita può essere anche il nomade digitale e necessita avere una connessione sempre disponibile e dell’energia elettrica a disposizione.
Ma può essere anche una famiglia che ha deciso di viaggiare in van per cambiare continuamente paesaggi e crescere i figli in modo avventuroso, libero e un po’ più selvaggio.
Si mantengono facendo dei lavori creativi e manuali e sono aperti alla conoscenza di altre culture. Non ricercano la solitudine dalle persone ma dalle città sovraffollate e anonime.
Viaggiano per creare delle esperienze e non si fermano per troppo tempo in un luogo perché sanno che ci sono sempre nuove mete da scoprire.
Ora spero ti sia un po’ più chiaro quando sentirai parlare di wanderlust, globetrotter, travelholic, eccetera. Magari è venuta voglia anche a te, leggendo l’articolo, di mollare le redini e partire all’avventura, anche solo per un giorno!
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