Incontrarsi a Villa Diodati (e sfornare dei capolavori letterari)

Incontrarsi a Villa Diodati

Incontrarsi a Villa Diodati per alcuni scrittori ha significato regalare al mondo dei capolavori letterari di genere horror gotico. Da un punto di vista editoriale, l’incontro più caldo ha segnato l’inizio di filoni letterari piuttosto promettenti.

Benché, per comprendere il tracciato, dobbiamo partire da un affitto siglato nell’estate del 1816 a Cologny, in Svizzera, laddove l’amato e odiato – in patria – Lord Byron ha preso in consegna le chiavi dell’edificio.

Incontrarsi a Villa Diodati (e per fortuna!)

 

Lord Byron partì alla volta della Svizzera in compagnia del suo medico personale: il Dottor John William Polidori, il quale manco a dirlo aveva delle forti velleità autoriali.

Nondimeno, si aggiunsero il poeta Percy Bysshe Shelley accompagnato dalla diciannovenne Mary Wollstonecraft Godwin che diventerà la coniuge Mary Shelley.

Assieme a loro giunse Clara Mary Jane Clairmont, la sorellastra di Mary,  già incinta della figlia del padrone di casa che porterà il nome di Allegra.

In realtà, il gruppo Shelley aveva affittato una villa vicino a quella di Lord Byron e quindi non rimasero affittuari lì, bensì vi soggiornarono in tutto solo tre giorni.

Furono abbastanza però per partorire storie dal sapore macabro e dai toni orrorifici. A spiccare fra tutti furono due opere che nel corso del tempo diventarono leggendarie.

Stiamo parlando di “Frankenstein, o il moderno Prometeo” uscito dalla penna di Mary Shelley e “Il Vampiro” di Polidori. Il secondo romanzo non sortì un grande riconoscimento letterario fin dagli arbori, ma servì da apripista al più celebre racconto di “Dracula” di Bram Stoker.

Difatti,  il romanzo di Polidori venne attribuito in prima istanza a Lord Byron e ci volle del tempo prima che fosse accreditato al vero autore.

 

Polidori incontrarsi a Villa Diodati

 

La versione Polidori: il vampiro prende forma

 

Polidori era un secchione e divenne medico con una tesi incentrata sul problema del sonnambulismo. Suo padre era di origini italiane, e segretario personale di Vittorio Alfieri; mentre la madre era di origini britanniche.

Fu proprio nel 1816 a diventare il medico personale di Lord Byron seguendolo nella prima parte del suo viaggio in Europa. Quando giunse a Villa Diodati, presso il Lago Lemano in Svizzera, si acclimatò in compagnia degli amici del suo datore di lavoro.

Leggendo i racconti dal libro Fantasmagoriana, in una notte di giugno, il padrone di casa partorì l’idea di creare dei racconti sui fantasmi, anche se poi presero dei connotati differenti.

Il libro di Polidori caricato dalla figura del Vampiro si rifaceva all’identità di Byron. Un nobile ambiguo e colto, dai modi raffinati, di nome Lord Ruthven soggiogava le giovani fanciulle fino a trasformarle in vampiresse.

Ovviamente, nessuno dava la colpa al signore in questione, proprio perché fuori radar da qualsiasi sospetto.

La descrizione del personaggio letterario ricalca alla perfezione l’atteggiamento di Byron e crea un alone nuovo intorno al grezzo personaggio del vampiro tipico del folklore. Infatti, non dimentichiamo che Byron era sposato ma mise comunque incinta la giovane Clara.

Tuttavia, prima di uscire il racconto dovette attendere il 1819 quando venne pubblicato con il nome errato dell’autore Lord Byron nel New Monthly Magazine. Vani furono i tentativi dello stesso per attestare la giusta paternità e per un lungo periodo il racconto rimase con la firma sbagliata.

Purtroppo, Polidori si suicidò nel 1821 dopo aver visto sfumare la sua carriera letteraria e quella ecclesiastica che gli causò una forte depressione.

Finalmente, nel 1911 il nipote di Polidori riuscì a pubblicare il diario lasciato dallo zio in cui raccontava numerosi aneddoti inerenti al viaggio fatto in compagnia di Lord Byron tra cui figurava anche il ricordo della stesura del racconto.