Io e l’inverno: pensieri nella stagione del letargo di un’orsa mancata
Io e l’inverno siamo due entità distinte: scherzando dico sempre agli amici di non cercarmi perché in questa stagione vado in letargo. In parte è proprio così, dato che mi rinchiudo in casa, selezionando le uscite e cercando la solitudine con ogni mezzo.
Mal sopporto dovermi vestire e aprire la porta che traccia il confine tra il caldo della stufa e il gelo dell’esterno. Da quando ho Pepe, il mio angelo a quattro zampe, le uscite si sono fatte più frequenti ma non riescono a scrollarmi di dosso quell’astio al freddo.
Sento un’impellente necessità di rinchiudermi fra le mura domestiche, ritirarmi entro le estremità del mio corpo e sedermi a contemplare la mia essenza. È una fase ciclica che si ripete ogni anno: non importa se mi trovo all’equatore o nelle latitudini caserecce, ho bisogno di una fermata.
Qual è il motivo?
Questo rallentare mi permette di interfacciarmi con la stagione: io e l’inverno, facciamo il punto della situazione. Mi immagino seduta impacciata su una sedia di plastica e davanti a me si trova una lunga scrivania.
Sopra al tavolo ci sono due cartellini con scritto i nomi “Tania” e “Inverno”. Ci guardiamo intensamente. Raffiguro l’inverno come un cumulo di neve dallo sguardo severo pronto però ad ascoltare, non a giudicare.
Inizio la mia relazione e racconto come ho trascorso l’anno passato sottolineando i punti a favore e quelli che sono stati capaci di cogliermi impreparata. Ovviamente ce ne sono molti da entrambe le parti ma l’inverno ascolta, annuendo di tanto in tanto.
Gli racconto quanto la sua stagione mi faccia sentire debole e spaventata in confronto all’autunno dove c’è ancora qualche scarica estiva a tenere banco.
Confido, come mi senta in balia delle mie emozioni e come cerchi disperatamente di dirigerle da qualche parte, possibilmente nella direzione giusta. E quante volte sbandi, sebbene cerchi con tutte le mie forze di non perdere la rotta.
Ammetto quanto sia difficile, ed enuncio le volte in cui penso di non farcela. Lui mi guarda dritto negli occhi e con uno sguardo carico di dolcezza mi sussurra: “Anche l’anno scorso avevi le stesse sensazioni eppure poi…” Lo interrompo subito rispondendo “Sì, questo vero, però non sto andando da nessuna parte!”.
Sospira, si prende qualche secondo per raccogliere i pensieri e mi guarda con rinnovata dolcezza.
“Sei proiettata nel futuro, per questo non vedi i passi compiuti. Se riuscissi a stringerti nel momento presente, vedresti la fatica che hai fatto nell’avanzare e la culleresti come se fosse un bene da proteggere. Io servo proprio a questo: a rivolgere lo sguardo all’interno e a riprendere energia”.
Alle sue parole una parte della mia essenza improvvisamente risuona poiché avevo già sentito dire la stessa cosa l’anno prima. Finalmente sorrido, ringrazio imbarazzata e dico: “Alla prossima, dolce inverno!”
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