Sei mesi in Centro America: viaggio in solitaria
Sei mesi in Centro America. Sei mesi di viaggio intenso e di emozioni forti. Per la seconda volta da sola in luoghi extra europei. Questo il resoconto del mio viaggio.
Se ripenso a quante volte ho sognato di viaggiare da sola nel mondo e di quando sono riuscita a metterlo in pratica, sento crescere il rispetto per me stessa di due spanne!
Sono convinta, infatti, che i desideri debbano essere coltivati e, non appena si presenti un’occasione, ci voglia altrettanta determinazione nel metterli in pratica.
Questa è sempre stata la mia filosofia di vita e mi soddisfa sapere che lentamente riesco a fare ogni cosa mi passi per la testa. Un passo dopo l’altro. Un sogno alla volta. Poi si gira pagina e si va avanti, altri sogni e altri obiettivi da raggiungere.
Sei mesi in Centro America
Sono partita a ottobre per i miei sei mesi in Centro America, colma di dubbi e di ripensamenti, chiedendomi costantemente se stessi facendo la cosa giusta. Pochi mesi prima, tra l’altro, avevo conosciuto una persona con la quale stava nascendo qualcosa e avevo paura di perderla lungo il cammino.
La fedeltà a me stessa e ai miei sogni mi hanno impedito di fermarmi e, sono felice di affermare a distanza di qualche tempo dopo il ritorno a casa, ho fatto la scelta più azzeccata.
Messico
Mérida
La prima tappa, una volta scesa dall’aeroporto, è stata Mérida nello Yucatan: una settimana presso una stanza prenotata su Airbnb con dei ragazzi che abitavano nelle vicinanze del centro. La camera conteneva un letto, un’amaca e un ventilatore che sentivano anche i vicini.
La prima notte la trascorsi insonne a causa del fuso orario e dell’adrenalina a mille. Poi, il giorno dopo, ero stremata dal caldo e bevvi tre litri di acqua in un’ora ma i colori e la vivacità del Messico mi catturarono.
Quando, camminando per le vie della città e ammirandone i dettagli coloniali, scoprii il mercato cittadino entrai totalmente in fusione con il luogo sebbene fossero i parchi a catturare la mia attenzione: trascorrevo ore ad ammirare i lineamenti dei messicani e l’intensità dei loro occhi scuri.
I loro sorrisi così genuini e carichi di gioia cullavano le mie paure. La domenica, invece, fui sorpresa dalla giornata ecologica dove molte strade del centro rimangono chiuse al traffico a favore delle bici e dei pedoni. Ogni angolo è un occasione per organizzare canti, danze e musica.
Durante la settimana di permanenza a Mérida feci diversi tour per vedere i cenotes, la riserva della biosfera Celestun, le piramidi di Uxmal e la spiaggia di Progreso.
Eppure il tempo trascorso qui, nonostante avessi avuto l’opportunità di conoscere nuove persone, non mi aveva allentato del tutto il cuore e mi sentivo ancora sulla difensiva.
Playa del Carmen: sei mesi in Centro America
Puntavo tutto sull’arrivo a Playa del Carmen, il posto già lo conoscevo, c’ero stata con una mia amica due anni prima e da subito mi ero sentita a casa. Qui, ne ero certa, avrei lasciato andare quei lacci che mi avviluppavano e mi facevano sentire così insicura.
Nella mia precedente vacanza mi ero fermata una settimana a Playa del Carmen mentre la seconda l’avevamo trascorsa a Cancun: questa volta avrei avuto la possibilità di soggiornare un mese.
Ero decisa, quindi, a trascorrere questo tempo all’insegna della lentezza, del godimento e della conoscenza: volevo sapere tutto su Playa del Carmen, entrare nel vivo della vita della Riviera Maya.
Anche qui trovai alloggio sul portale di Airbnb ospitata da una signora alquanto particolare con una cagnetta di nome Agua. Lei era insegnante di yoga kundalini: al martedì e al giovedì alle 4 di mattina teneva la sua lezione in casa.
Durante quelle lezioni mi svegliavo sentendo gli interminabili canti tipici della pratica ma vivevo tutto in modo decisamente rilassato perché mi trovavo esattamente dove volevo essere.
Durante il giorno, camminavo lungo ogni Avenida e ogni spiaggia scoprendo anche i più piccoli angoli nascosti. Visitai tutti i cenotes più celebri, seguii qualsiasi lezione di yoga per conoscerne i vari stili, nuotai con tartarughe e delfini e assaggiai frullati e frutta fresca mai vista prima.
Dopo aver trascorso interminabili ore con persone diverse mi sciolsi lentamente lasciando andare quelle ultime barriere di difesa mentre i sorrisi diventavano meno tirati e la mente brillava di ritrovata serenità.
Città del Messico
Terminato il mese mi diressi a Città del Messico per una sola settimana. I miei obiettivi erano quelli di visitare la casa di Frida Kahlo e la piramide di Teotihuacan.
Il D.F., come lo chiamano i messicani, è culturalmente ricco di fascino ma pur sempre una città coloniale con chiari riferimenti occidentali. Mi resi conto ben presto che non era una località adatta al mio tipo di viaggio.
Questa tappa, però, mi insegnò il valore dei simboli e di quanto importanti essi siano per gli uomini. La guida mi raccontò che molte piramidi maya furono distrutte dagli invasori e sopra di esse vennero eresse le chiese.
Tale violenza portò alla distruzione dei popoli nativi che, ritrovandosi senza radici, persero i loro riferimenti e si piegarono, loro malgrado, ai voleri dei nuovi dominatori. Piansi lacrime amare e ancora oggi, quando ci ripenso, sento ribollire il sangue di fronte a questa tremenda ingiustizia.
Al termine della settimana era ora di riprendere l’aereo: mi mancavano ancora 120 giorni per completare i miei sei mesi in Centro America.
Chiapas
Ero salita per poi ridiscendere nel sud del Messico, questa volta nella parte opposta, per immergermi in ciò che resta delle vere radici maya. Forse la tempistica era stata perfetta: prima avevo visto lo scempio commesso alle comunità native, ora potevo saggiare ciò che rimaneva delle radici maya.
Attraversai le città di Tuxtla Gutierrez, San Cristobal de las Casas, dove sentii anche alcune scosse di terremoto fintanto che ero al telefono con un’amica, e Palenque.
Odiai a morte quelle strade costellate da dossi artificiali, messi dai nativi per far rallentare le macchine, uno ogni minuto circa, perché non mi permettevano di riposare durante gli spostamenti.
Ma i paesaggi che vidi furono qualcosa di stupefacente: la legge della natura potente e rigogliosa preservata dalla determinazione dei nativi. Tra questi visitai: i laghi di Montebello, le cascate di Agua Azul, le cascate di El Chiflón, el Cañon del Sumidero e i suoi coccodrilli.
Mentre i miei viaggi urbani verterono verso le città rimaste intatte e autentiche come Chiapa de Corzo, San Juan Chamula e Zinacantan. Presso quest’ultima vidi, con mio immenso sgomento, un santone sacrificare una gallina per proteggere una famiglia e la riunione domenicale della comunità pronta a giudicare i misfatti dei suoi concittadini.
Sarebbe difficile raccogliere in brevi e succinte frasi tutte le emozioni indelebili che quel soggiorno mi regalò, sarebbe come minimizzarle e trasformare qualcosa di anacronistico in banale e assurdo.
Guatemala
Lago di Atitlán
Nel lago di Atitlán e nella cittadina di San Pedro trovai un luogo ideale nel quale vivere. I miei sei mesi in Centro America si stavano drasticamente riducendo ma il ritmo di vita si faceva più fluido. Ora non bramavo più la scoperta ma la lenta conoscenza di luoghi che mi parevano quasi incantati.
La mia vita si ridusse in lezioni di spagnolo e yoga. Fu questo a spogliarmi di altri strati di frenesia e velocità, tipici della cultura occidentale. Un lago magico, capace di infondere calma, al quale ripenso con immensa nostalgia.
Antigua e Monterrico
L’antica capitale del Guatemala, ferita e distrutta varie volte dai temuti vulcani che la circondano, il volcan de Fuego e il Pacaya, non mi attirò come fece il lago Atitlan.
Forse c’erano troppi riferimenti coloniali e cozzavano contro la cultura che avevo conosciuto un mese prima, dove la foga del successo e del denaro non si presentava se non nei locali stranieri.
Scappai così al mare, a Monterrico, sperando di ritrovare la quiete del Guatemala e ciò che mi aspettavo dai miei sei mesi in Centro America. La trovai: nel disegno di una distesa di sabbia nera dove bazzicano cani abbandonati e affamati, dove si poteva prendere il sole solo al mattino perché la sabbia diventava incandescente al salire del sole e l’acqua era intoccabile per via della forza delle onde dell’Oceano Pacifico.
Breve sosta in Honduras e ritorno in Guatemala
San Pedro Sula e Roatan: sei mesi in Centro America
Uscii dal Guatemala ma solo per un breve periodo. A casa mi ero lasciata influenzare dai racconti sull’Honduras e decisi di visitare anch’io una delle sue idilliache isole. Prima feci sosta a Copán Ruines per vedere le ennesime piramidi maya.
Partii da Antigua con uno Shuttle (una corriera privata) e raggiunsi Copán in giornata. Il giorno dopo sarei ripartita alla volta di San Pedro Sula, uno delle città più pericolosi al mondo.
Ebbi una certa fifa soprattutto perché lungo il tragitto per raggiungere la città con la corriera lessi lo stesso timore anche negli sguardi della gente con la quale viaggiavo. Fortunatamente in serata raggiunsi l’hotel e, senza perdere troppo tempo, volai nell’isola di Roatan.
Qui ebbi sfortuna perché metà del viaggio la trascorsi rinchiusa in bungalow a causa della pioggia. Non fui però sola, bensì in compagnia di una favolosa gattina di appena sei mesi di nome Princesa. Utilizzai quel tempo per mettere nero su bianco i miei pensieri e le mie avventure trascorse nei quattro dei sei mesi in Centro America.
Nei giorni di sole uscivo a fare snorkeling, passeggiare o a fare tour dell’isola in motorino. Mentre gli altri mi rinchiudevo fra le pagine del mio diario accarezzando il dorso morbido di Princesa.
Dopo tanti mesi ebbi la strana sensazione di sentirmi infastidita al sentire parlare in italiano: ero stata come rinchiusa in una bolla di vetro maya e non avevo alcuna intenzione di uscirne prima del tempo.
Ritorno in Guatemala
Al mio rientro in Guatemala il funzionario doganale mi fece osservare, prima di rimettere il timbro, che mi rimanevano 23 giorni da trascorrere in Guatemala. Mi sarebbe piaciuto vedere tanti altri posti ma dovetti fare una cernita.
Scelsi così Livingston, Coban e Flores. Il primo è soprannominato il “Caraibi del Guatemala” dove vivono i Garifuna una popolazione di origine africana trapiantata dai coloni.
Pensai da subito che la cultura africana assemblata a quella latina non fosse un buon miscuglio. Difatti, nonostante il luogo sia piuttosto suggestivo, la cultura ambientale lascia alquanto a desiderare. I cumuli di immondizia deturpano inesorabilmente il paesaggio.
Cobán, invece, si trova fra le montagne e fa veramente freddo in inverno ma intorno si possono ammirare piantagioni di caffè e, a sorpresa, anche quelle particolari di cardamomo.
Sì, perché qui si assaggia il caffè al cardamomo, come se ci trovassimo in una piazza mediorientale, una prelibatezza che continuo a bere ancora oggi. La città, invece, non è molto frequentata da turisti se non da americani e nord europei.
Flores è una graziosa isoletta che si trova nel lago Petén Itzá, in uno dei dipartimenti più belli del Guatemala: il Petén, appunto.
Da qui partono le escursioni per visitare Tikal, uno dei siti maya più suggestivi perché ancora inesplorati e immersi in una foresta immacolata, lontana da qualsiasi insediamento umano. Ma avevo solo tre giorni a disposizione: poi avrei dovuto salutare il mio amato Guatemaya e dirigermi in Belize.
Belize e Messico: ultime tappe dei sei mesi in Centro America
Belize City e Caye Caulkner
Ero giunta all’ultima tappa del mio viaggio, poi sarebbe toccato il momento del mio ritorno a casa. Avevo trascorso cinque mesi e mezzo ma mi credi se ti dico che i miei occhi non erano ancora sazi?
Da Flores partii con una corriera in direzione Belize City, un’altra città non troppo sicura, quindi saltai la visita. Mi diressi allora direttamente ai traghetti per raggiungere l’isola di Caye Caulkner.
Arrivai con un venticello caldo, avvolgente e rilassante. Vicino a me era posizionata l’isola di Ambergris Caye, meglio conosciuta come la Isla Bonita di Madonna.
Ma Caye Caulkner ha la particolarità di veder circolare solo biciclette e golf car, nessuna auto. Ciò permette un clima più rilassato e blando tanto da rischiare di perdere il traghetto di ritorno in Messico perché il mio autista aveva festeggiato troppo la sera prima e non si era svegliato in orario!
Il colore del mare è spettacolare: un’acqua talmente azzurra da sembrare quasi dipinta. Ma le spiagge a disposizione sono poche e ripararsi dal sole risulta difficile.
Trascorsi i 15 giorni ripresi il traghetto e la corriera per Playa del Carmen: fu giusto così, dovevo concludere un cerchio che si era aperto a ottobre e si richiudeva ad aprile.
Fine dei sei mesi in Centro America
Sei mesi in Centro America mi hanno cambiata perché sono tornata più leggera, spogliata di quelle cose superflue di cui non avevo bisogno: maschere, pregiudizi, condizionamenti sociali, senso del tempo. Il viaggio mi ha insegnato che la serenità si raggiunge solo tagliando e non costruendo.
Ogni tanto riaffiorano gli insegnamenti avuti: cercherò di non essere mai più la persona che ero prima di partire, farò in modo che la routine non cancelli ciò che quei mesi mi hanno lasciato.
Se mi chiedono se ne è valsa la pena, con un gran sorriso rispondo di sì. Se mi chiedono se mi sono sentita sola, rispondo di no. Essere stata finalmente con me stessa, fuori dal mio contesto abituale, mi ha dato una forza e una lucidità che non credevo di avere. Ritrovarci è il dono più grande che ci possiamo fare.
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