Riserva di Celestun: un fascino tremolante e selvaggio
La riserva di Celestun ha un fascino tremolante poiché sopravvive in un contesto minacciato e senz’ombra di dubbio, selvaggio. Il mio tour in questo luogo appollaiato sulla costa yucateca comincia il mattino presto.
Mi sveglio alle 6 in un bagno di sudore vista la temperatura interna della camera (senza finestre): 34 gradi.
Corro in doccia e giro la manopola verso l’acqua gelida. Il suo effetto energizzante mi risveglia all’improvviso – tipo Wim Hof spostati – regalandomi una sferzata di energia. Ritorno in camera, mangio la frutta e preparo il caffè.
Mi vesto e prendo lo zaino, aggiungendo un cambio di costumi e lentamente mi incammino verso l’agenzia per iniziare una giornata all’insegna della natura.
Controllo i riferimenti che ho appuntato mentalmente per ritrovare la strada: il bar con la porta in stile saloon, il negozio di alimentari biologici, l’edificio di colore verde pastello, l’hotel con la porta a vetri e la chiesa con i mattoni rossi. Mi trovo nella città coloniale di Mérida, famosa per la sua anima internazionale.
Finalmente raggiungo la destinazione e trovo la guida ad aspettarmi. Ci presentiamo e mi comunica che prima di andare a destinazione saremmo dovuti passare a prendere altri partecipanti dislocati nei vari hotel.
Riserva di Celestun: il tour
Passiamo fra i vari hotel e prendiamo a raccolta i compagni di avventura. Si tratta perlopiù di famiglie: la prima composta da madre e figlio, la seconda composta da madre, figlio, padre e nonna.
Dopo circa un’ora di tragitto arriviamo all’entrata della riserva e veniamo accolti festosamente dal personale. Come prima cosa ci raccomandano di spalmarci una dose generosa di lozione anti zanzare, a quanto pare sono molto agguerrite.
Dopo essersi organizzati ci fanno salire su un’imbarcazione e iniziamo a solcare le acque azzurre del Golfo del Messico. Vediamo le mangrovie affondare decise le radici nell’acqua e gli uccelli adagiarsi sulle loro fronde.
Ci allontaniamo sempre di più da riva, ma paradossalmente, l’altezza dell’acqua diminuisce.
Ci avviciniamo alla riserva naturale di Celestun, anzi la Biosfera di Celestun, dichiarata protetta nel 1988 al fine di preservare lo sfruttamento selvaggio che stava portando al declino la zona.
Entriamo nella laguna in cui vengono a nidificare e a trovare riposo i fenicotteri rosa. Sembra incredibile quanto riusciamo ad avvicinarci per ammirare questa distesa rosa di animali pacifici, i quali ci ci osservano con titubanza.
Manteniamo comunque una certa distanza e spegniamo il motore. La tranquillità è essenziale per il quieto vivere dei volatili. Dopo aver scattato diecimila foto a testa, lasciamo spazio ai fenicotteri per godersi le loro vacanze e ci spostiamo all’interno della laguna.
È il momento di attivare la modalità Indiana Jones: entriamo nei percorsi tortuosi creati dalle mangrovie e sobbalzo vedendo l’acqua riflettere tonalità rosse.
Si tratta della mangrovia rossa che rilascia il colore nell’acqua regalandole dei nutrimenti preziosi. Il comandante ci racconta che una studiosa inglese suole venire in questo luogo a farsi un bagno perché dice che queste proprietà sono benefiche, soprattutto per la pelle.
Chiediamo in coro se possiamo fare anche noi il bagno ma ci convince, in maniera piuttosto eloquente devo dire, che le proprietà benefiche le possiamo provare facendo qualche altro trattamento. Forse meno pericoloso e doloroso.
Da qualche mese infatti, fra queste piante acquatiche, ha trovato riparo una femmina di coccodrillo che ha dato alla luce un piccolo. La neo mamma pare piuttosto protettiva e se vede qualche gambetta sguazzare è facile che la doni al figlio come pasto sostanzioso.
Il pranzo e il ritorno
Lasciamo la Riserva di Celestun e riportiamo l’imbarcazione al punto di partenza dopo aver ammirato le bellezze selvatiche della costa yucateca. È arrivata l’ora del pranzo!
Il locale è situato in una zona idilliaca: in riva al mare su una distesa di spiaggia bianca il cui riflesso duole gli occhi. Ma non c’è tempo per ammirare il mare perché il pranzo è già servito.
Mi sto accomodando al tavolo quando la famiglia messicana mi chiede di sedermi in loro compagnia. Mi raccontano di provenire da Veracruz e con grande trasporto mi illustrano le qualità del loro distretto.
Poi chiedono notizie su di me e racconto loro la mia esperienza di viaggio. Mi guardano un po’ interdetti, raccomandandomi di fare attenzione in certe zone del Messico. La nonna, invece, mi osserva con uno strano luccichio negli occhi.
Il suo sguardo sorride ed è come se in quel momento stesse facendo un viaggio a ritroso di parecchi anni. Infatti, mi racconta di un incontro con un tedesco che a quanto pare le fa sobbalzare ancora oggi il cuore.
A differenza dei suoi parenti noto un celato invito a vivere totalmente la mia esperienza di viaggio così da non raccogliere dei rimpianti.
E come se l’universo mi avesse inviato, attraverso lei, un invito a proseguire nella mia avventura. Io, avvolta dai dubbi per un viaggio così lungo, fatto in solitaria, mi sento per un attimo di essere incastrata esattamente nel posto giusto.
Mi regalano delle bellissime conchiglie, che so non potrò portare con me. Alla fine prendo sotto braccio la nonna e l’accompagno in auto sotto uno scroscio di pioggia che non lascia scampo.
Giunti a destinazione ci salutiamo scambiandoci baci e abbracci (in Messico funziona così!). Scendo anch’io alla loro fermata e ne approfitto per fare un giro al mercato di Mérida.
Ripercorro lo stesso itinerario del giorno prima e acquisto verdura e frutta fresca. Questa volta aggiungo fagioli e del riso, da tradizione messicana. Mi sa che mi sto già ambientando nonostante sia qui da qualche giorno.
La sera mi addormento presto, devo ancora connettermi con l’orario locale e poi domani mi aspetta un’altra avventura, altrettanto agognata: la spiaggia di Progreso.
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