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Nel sorprendente Altopiano della Vigolana si fanno degli incontri davvero speciali e alquanto sorprendenti. Mai avrei pensato di conoscere Bruno l’alpaca, dopo aver compiuto un itinerario soverchiato dall’intenso profumo dei ciclamini.

Eppure è successo: ed è proprio questo l’aspetto intrigante dei viaggi. Poiché riescono a travolgerti in avventure incredibili e inaspettate. Proprio per questo si dice che quando viaggiamo dobbiamo lasciare le redini e lasciarci andare.

Per esempio, io in questo viaggio, ho deciso di ascoltare i consigli delle persone del posto che ho incontrato. È stata una coppia di Piné che mi ha convinto a fare questa escursione, dato i toni entusiastici del loro racconto.

Non avevo mai progettato le mie vacanze prendendo spunto dai suggerimenti ma devo ammettere che è stata una scelta azzeccata, perché il sorprendente Altopiano della Vigolana non è stata l’unica affascinante escursione che ho fatto.

 

scorcio dal sorprendente Altopiano della Vigolana

L’Altopiano della Vigolana

 

Prima di iniziare il racconto sulla mia escursione, voglio spiegarti la localizzazione del sorprendente Altopiano della Vigolana. Si trova in prossimità di Folgaria, una cittadina trentina situata vicina al più famoso centro turistico di Lavarone.

Ai piedi dell’Altopiano scorre il torrente Centa, in cui ci si può fermare per fare un bagno. Sulle rive delle sue acque è stato istituito anche un suggestivo parco fluviale.

Il percorso è attraversato da un itinerario a piedi corrispondente all’ippovia, mentre dalla parte opposta si possono ammirare le numerose coltivazioni di meli, tipici del Trentino.

Purtroppo, quando ci sono andata io a luglio 2022, il torrente era in secca a causa della siccità incombente e continuativa. Perciò, il percorso si può fare lo stesso ma senza godere del tranquillante gorgoglio dell’acqua.

Anticamente, questo passaggio era l’unica via che collegava la provincia di Vicenza a quella di Trento. Ci troviamo collocati nella zona dell’Alta Valsugana, in cui a dominare sono le montagne popolate dai cimbri.

 

sentiero nel sorprendente Altopiano della Vigolana

 

Per ritornare alla nostra escursione, non dobbiamo fare altro che raggiungere il parcheggio da dove parte il sentiero che ci porta fino al rifugio Casarota.

Il percorso è costellato da varie diramazioni per cui fai attenzione a seguire bene le indicazioni dei cartelli nonché le segnalazioni sugli alberi o sui sassi del sentiero. Li riconosci dalla bandierina rossa e bianca.

Nel frattempo poi goderti la profumazione dei ciclamini che durante la loro stagione di fioritura caricano il paesaggio di una nota dolce, invitante ed energizzante.

Ne avrai bisogno, perché il percorso è interamente in salita. Per fortuna non è lungo: dura solo un’oretta e al termine ti ritroverai accolto dalla festosa allegria dei gestori del rifugio Casarota.

E ad aspettarti ci sarà anche la star dell’Altopiano della Vigolana: Bruno l’alpaca. Il nostro amico preferisce la compagnia umana piuttosto che quella dei suoi colleghi e quindi ama sistemarsi tra i tavoli per ascoltare le ciarle delle persone che vi giungono.

Qui puoi mangiare i piatti tipici della cucina trentina. Io ho preso un buon piatto di canederli – apprezzati anche da Pepe – e fare amicizia con gli altri escursionisti di passaggio.

 

rifugio Casarota

 

Volendo il rifugio offre stanze a chi decide di allungare l’escursione. Infatti, questa non è che la tappa intermedia che porta a diverse altre escursioni. Lo so che sarà difficile abbandonare la placida compagnia di Bruno ma qualora la giornata fosse godibile, ti consiglio di proseguire.

Il sentiero prosegue a destra del rifugio dove troverai la cartellonista provvista di informazioni riguardo i punti panoramici da visitare e la tempistica necessaria.

Il panorama, già da qui, è notevolmente suggestivo e nel frattempo che aspetti il tuo pasto, puoi approfittarne per fare un bel po’ di foto. Ma non dimenticare che sei in montagna, per cui il tempo scorre più rilassato nonostante la sua essenza volubile.

 

cartellonistica percorsi

I percorsi da aggiungere sono:

  • Albi in 10 minuti;
  • Rifugio Paludei e Bus de le Zoie in un’ora e quaranta minuti;
  • Becco di Filadonna in due ore.

Continua le tue escursioni solo se il tempo lo permette perché mentre il primo tratto per raggiungere il rifugio è all’interno del bosco, la seconda parte è fin troppo esposta al sole.

Pertanto, valuta le condizioni meteo prima di partire e verifica che non siano previste piogge o, in estate, un cielo fin troppo soleggiato. In cambio, riceverai una bellissima veduta sulla Valsugana e sui paesi sottostanti che fanno da cornice al paesaggio.

 

bruno l'alpaca

Link utile:

Scoprire Mussolente significa avvicinarsi alla natura procedendo a passo lento e non per riposarsi, ma per non perdere alcun dettaglio. La città si trova in provincia di Vicenza e a pochi chilometri di distanza da Bassano del Grappa.

La sua area geografica si estende fra campi coltivati, boschetti, colline, valli e numerosi corsi d’acqua che creano un paesaggio ricco e ameno dal quale è possibile trarne il massimo rinvigorimento.

Quando ho voglia di nascondermi e perdermi nel silenzio degli alberi salgo in macchina con Pepe e mi dirigo qui: conscia che al ritorno dalla passeggiata avrò trovato ciò di cui necessitavo.

E l’aspetto ancora più interessante è che non avrò a disposizione solo un percorso a piedi da scegliere ma moltissimi, con differenti lunghezze e diversi tipi di strade.

 

Pepe a Mussolente

Santuario della Madonna dell’Acqua

 

Si trova lassù, ammantata dalla luce fioca e penetrante del sole, a volte nascosta da nuvole dispettose che vogliono celarne la mirabile bellezza. Il colle è chiamato Castellaro e la chiesa è divenuta Santuario grazie a un decreto del vescovo di Treviso.

Quattro statue di angeli in pietra accolgono i fedeli all’entrata del Santuario mentre l’interno è a forma di croce con una navata centrale coperta da una volta a botte, due cappelle laterali e un presbiterio.

 

La chiesa è dedicata alla Madonna dell’Acqua perché la sua figura in statua con il Gesù bambino in braccio fu rinvenuta nel vicino fiume Volon, dopo un terribile ciclone avvenuto nel 1636. La statua era posizionata in precedenza in Valle Santa Felicita a Romano d’Ezzelino, a parecchi chilometri di distanza. Come fu possibile tale spostamento? Nessuno seppe dare una risposta e la gente gridò al miracolo, esigendo che la statua rimanesse in città. Fu così collocata tre anni più tardi, nel 1639, nella chiesa sul colle Castellaro. 

 

Più sotto si trova la valle dei “cachi” chiamata così in modo ufficioso quando lo scorso autunno mi sono fermata ad ammirare le numerose piante di cachi cariche di maturi e succulenti frutti. 

Dietro la chiesa, invece, si scende al cimitero ma proseguendo nelle scalinate esterne si può scendere e fare un piacevole percorso ad anello che va a confinare con la vicina frazione di Semonzo di Borso del Grappa.

Questo è il primo itinerario che ti propongo – da evitare, però, durante il periodo di caccia – perché oltre a esserci una zona di addestramento cani, è frequentata da cacciatori e cani agguerriti.

Durante il resto dell’anno, invece, puoi percorrerlo tranquillamente e scoprire Mussolente incappando in dolci saliscendi fra rovi, acacie, castagni e piccoli borghi di case silenziosi e quasi inanimati. 

Un’altra accortezza che dovrai avere è quella di non scegliere questo percorso se ha da poco piovuto perché il terreno si inzuppa facilmente d’acqua dato i diversi rigagnoli che costeggiano il sentiero.

 

sentiero lugana

 

Gli altri percorsi naturalistici per scoprire Mussolente

 

Il centro amministrativo del comune si trova più in basso e vicino al parco cittadino, chiamato Parco della Vittoria. Da qui partono diversi sentieri che incorniciano quasi tutto il paese e che sconfinano con le città limitrofe.

Il Comune ha diviso tali percorsi in diversi itinerari che ha segnalato e illustrato a uso dei cittadini su questo sito: https://sentierimussolente.it.

Il più breve è quello che ti ho accennato in precedenza denominato “Sentiero della Lugana” che prende il nome dal fiume che lo costeggia. Il secondo in lunghezza è quello delle “roste” con una durata di circa un’ora e mezza.

Il terzo “Delle volpere” segue il profilo dei precedenti allargando però i confini, toccando anche il comune di Liedolo. L’ultimo è ovviamente il più lungo e richiede due ore e mezzo di cammino.

Si attraversano boschi, prati e campi e si ammirano chiese, ville o semplici capitelli. Un insieme di percorsi che ti permettono davvero di scoprire Mussolente e di ammirare la natura nella sua forma più espressiva. 

Hai mai sentito parlare della Grotta Azzurra e il Castello di Zumelle a Mel? Si tratta di un’escursione unica, adatta a grandi e a piccini. Io l’ho fatta alcune settimane fa e sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla varietà paesaggistica e dall’inaspettato salto nel passato.

Ho visto alcune foto su Facebook che mi hanno lasciato senza parole. Era mai possibile che a due passi da casa mia ci fosse un sito così bello di cui non avevo mai sentito parlare?

Ho fatto qualche ricerca su internet e ho scoperto che l’escursione si trova a Mel ed è nei pressi del Castello di Zumelle. Dato che avevo visto, sempre su Facebook, la pubblicità del Castello e mi aveva anch’esso incuriosito, ho pensato che avrei potuto prendere due piccioni con una fava.

Così, al termine della mia vacanza sul Parco delle Dolomiti Bellunesi, ho proseguito dal ponte di Busche in direzione Mel. Presto mi sono ritrovata a seguire le indicazioni per il Castello di Zumelle che si trova prima del centro abitato di Mel ed esattamente nella frazione di Villa di Villa.

Prima di arrivare c’è una delle chiese più antiche del Veneto: la Chiesa di San Donato. È aperta solo il sabato e la domenica attorniata da una miriade di fiori dal sentore dolce e dalle api ronzanti che succhiano festosamente il loro nettare.

La Grotta Azzurra e il castello di Zumelle a Mel

 

A fronte di vari saliscendi in ripidi tornanti fra case montane curate in ogni minimo dettaglio, sono arrivata al parcheggio del Castello. Ho alzato gli occhi al cielo per guardare i profili delle montagne e sulla destra ho notato i merletti che contraddistinguono i castelli medievali.

Mi sono anche accorta che il sentiero per raggiungere la Grotta Azzurra, partiva proprio sulla sinistra della strada che sale all’entrata del Castello.

Niente flânerie quindi, solo immersione nella natura. Ho fatto alcune foto di rito per immortalare quello spaccato di storia antica e assaporare le vestigia di un tempo. Sono dunque scesa seguendo l’itinerario indicato dai cartelli.

Ho visto lungo il tragitto alcune opere legate al tema della natura e dell’uomo e attraversato un piccolo pezzo di strada asfaltata.

Un nuovo cartello mi ha segnalato l’inizio del percorso che ho seguito con non poca difficoltà: purtroppo il terreno era piuttosto bagnato e quindi scivoloso.

Alcuni pezzi di sentiero sono stati poi erosi dagli agenti atmosferici e diventa alquanto impegnativo percorrerlo in totale sicurezza.

Superata la parte boschiva si arriva sul letto del torrente che si segue per alcune centinaia di metri. Si sale di nuovo, per poi ridiscendere fra sassi e radici fino a raggiungere la grotta.

Il percorso ha una lunghezza di circa mezz’ora ma bisogna fare molta attenzione ai vari impedimenti naturali ma soprattutto vanno indossati scarponi da trekking.

 

Grotta azzurra e castello di zumelle, immagine del castello con sfondo sulle dolomiti bellunesi

Lo spettacolo che si apre però ripaga la fatica: l’acqua è di un azzurro talmente cangiante da fare male agli occhi. Le rocce della grotta virano dal bianco candido al marrone, creando delle striature scenografiche davvero particolari. Il rumore dell’acqua che scorre e che scivola fra i sassi è rilassante, a tratti addirittura calmante.

I pochi fortunati che arrivano fino alla fine del percorso sono graziati da uno scorcio inaspettato che consiglio a tutti di vedere, con la dovuta cautela.

Meglio evitare l’escursione se non c’è bel tempo o se ha piovuto da poco anche per una questione di portata di acqua del torrente.

Secondo la guida che avevo letto l’itinerario era turistico e adatto quindi anche ai bambini. Io ho qualche dubbio a riguardo perché bisogna prestare la massima attenzione per non cadere o scivolare sul terreno sdrucciolevole.

Aggiungerei, quindi, che l’escursione è di difficoltà media, a salire in base alle condizioni meteo.  Per ritornare indietro si segue la strada a ritroso e ci si può rilassare regalandosi una visita al castello. 

 

 

Si tratta di una costruzione che risale al I secolo d.C. ottimamente conservata su cui si è stato edificato un villaggio fittizio che richiama l’architettura dell’epoca.

 

Immagine dell'interno delle mura del castello con veduta su una delle taverne presenti

Il Castello di Zumelle

 

La leggenda narra che in questo castello nacquero i gemelli Iusprando e Goffredo dall’unione di un confidente della regina degli Ostrogoti con la sua damigella. Una volta morta la regina per omicidio i due amanti si riparano dalle parti di Mel. Il confidente, ritrovatosi senza lavoro, riesce in qualche modo a procurarsi il titolo di Conte. Fa così costruire il castello per ritirarsi in isolamento e vivere in tranquillità la sua storia d’amore, donando ai figli un luogo di pace.

 

L’entrata è un vero e proprio tuffo nel passato dove si vedono capanne, taverne, tende e una strada acciottolata sale al museo sulle note di una musica medievale.

L’entrata costa 6 € per il biglietto intero, 5 € il ridotto e 3 € per i bambini dai 3 agli 8 anni non compiuti. Il ristorante, invece, propone piatti moderni e medievali per accontentare anche i gusti più esigenti.

Al castello è possibile soggiornare la notte, provando l’ebrezza di trasformarsi in antichi cavalieri senza macchia. Le stanze disponibili sono tre e hanno tutte il letto matrimoniale.

Solo dormendo immagino sia possibile incontrare il Genius Loci che io, ahimè, per mancanza di tempo non ho potuto riconoscere.

Si può portare il nostro amico a quattrozampe per far vivere anche a lui una notte insolita e particolare che farà fatica a dimenticare!

Un’ottima idea viaggio estiva è andare in Valbelluna per visitare il lago del Mis e i dintorni. La gita può essere fatta in un solo giorno. Il lago si trova in provincia di Belluno, a Sospirolo.

Il nome Sospirolo già evoca pensieri poetici e infatti la maestosità delle acque del lago sono state le uniche a ricevere il riconoscimento di lago blu più bello e meno inquinato d’Italia. Ah, no?

Il lago del Mis è un incanto che srotola i suoi tesori solo a chi è in grado di scoprirli. La zona fa parte del Parco Dolomiti Bellunesi, rigorosamente conservata e protetta dalla Regione Veneto.

Lago del Mis e i dintorni

 

Il lago del Mis è conosciuto e frequentato non solo dai veneti ma dai turisti di tutto il mondo. Anzi sarà più facile sentir parlare tedesco e olandese piuttosto che in italiano. L’area del lago è dotata di strutture ricettive per camper e roulotte per questo è particolarmente apprezzato dai nordeuropei.

Si tratta di un lago artificiale formato dal fiume Mis che dà il nome al lago e anche al paese. Un torrente che arriva dalle montagne dell’Agordino e scende a valle fino al Piave.

La colorazione delle sue acque vibra in tutte le sfumature del verde e cambia a seconda dei riflessi del sole. Uno spettacolo per gli occhi! Purtroppo il lago non è balneabile essendo di origine artificiale ma ci sono tante attività da fare nei dintorni.

Come arrivare al lago del Mis e i dintorni?

Ti basterà seguire le indicazioni per Sospirolo per arrivare alla rotonda che si dirama in direzione lago del Mis o Agordo. Nella frazione Pascoli (la poesia ritorna!) si trova la nostra meta e sarà emozionante attraversare i tunnel stretti e poco illuminati che costeggiano il lago. Soprattutto se a misurare, in macchina, sei una schiappa come me. Ti raccomando, ovviamente, prudenza.

 

riflesso sul lago di un albero

 

I Cadini del Brenton

 

Una delle attività più interessanti da fare nei pressi del lago del Mis e i dintorni è visitare i Cadini del Brenton. Di che cosa si tratta? Sono delle vasche naturali, definite marmitte, che contengono l’acqua come se fossero delle piscine.

Immagina l’acqua fredda di torrente che scorre in tutta la sua potenza andandosi a convogliare in depositi creati naturalmente dalle rocce. Una meraviglia unica, un vero regalo della natura.

Raggiungere le varie vasche non è semplice, in quanto il terreno è friabile e scivoloso. Indossa dei scarponcini per ancorarti meglio al terreno e non lesinare in appigli dato che la salita è piuttosto impervia.

Se arrivi in infradito (mannaggia a te!) ti dovrai accontentare di visitare le prime vasche, le quali sono comunque alquanto scenografiche, grazie alle cascate che scendono a strapiombo. Potrai attraversare le varie marmitte lungo un percorso fatto da pontili in legno.

Da quando la zona è entrata a far parte dall’ente Parco Dolomiti Bellunesi è proibita la balneazione pegno una multa severa. Ciò è dovuto all’impossibilità di prestare soccorso in caso di necessità e per non inquinare le acque con protezioni solari chimiche.

All’entrata si può visitare un piccolo giardino botanico e sbocconcellare un panino nelle panchine messe a disposizione dei turisti. Nei pressi dell’entrata ai Cadini del Brenton è sempre presente (in estate) un food truck gestito da una coppia di giovani. Ti consiglio di acquistare da loro un buon “Panin onto” così da assaggiare la specialità della zona: il famoso “Pastin”.

Come raggiungerli? I cadini del Brenton intendo, non i panini onti.

Si trovano prima di attraversare il ponte che sale in direzione Agordo, sulla sinistra. Ma se attraversi il ponte e scendi nella stradina a destra trovi il parcheggio comodo per visitare l’area del lago del Mis e i dintorni. Da qui puoi iniziare il tuo percorso alla scoperta della Cascata della Soffia.

 

marmitta con cascatella nel lago del mis e i dintorni

La cascata della Soffia

 

Superato il ponte del Mis, esattamente dalla parte opposta ai Cadini del Brenton, si può visitare la cascata della Soffia, sostare sulla spiaggia e bere un caffè al bar.

La cascata si trova dopo il bar la Soffia, tramite un percorso riqualificato, che permette di vedere un altro torrente che dalla parte opposta getta le sue acque all’interno del lago. La cascata per la verità non è molto alta ma il luogo è davvero suggestivo e permette di vedere il lago da un’altra prospettiva.

L’itinerario dura circa 10 minuti circa ed è quindi adatto a tutti. A parte chi indossa le infradito che viene bandito dalla zona (scherzo :))

Subito dopo il bar/ristorante c’è una chiesetta molto suggestiva, distrutta durante il conflitto mondiale ma poi ricostruita per il volere degli abitanti della zona.

Come fare a visitare la cascata nel lago del Mis e dintorni?

Si trova dopo il ponte del Mis: puoi parcheggiare nel lungo lago e incamminarti verso il bar la Soffia, superato il quale trovi le indicazioni del percorso. Grazie a un semplice circuito ad anello, in circa 20 minuti puoi visitare l’intero sito.

 

anfratto di roccia con riflesso dell'acqua del lago nel lago del mis e i dintorni

 

Sentiero didattico naturalistico Val Falcina

 

A circa metà lago ed esattamente dove si trova la spiaggia e la zona di sosta riservata ai camper, inizia un percorso didattico attraverso le aspre montagne che sovrastano il lago.

Il percorso porta direttamente nella Val Falcina, una zona impervia che non è consigliato percorrere se non si è vestiti in modo adeguato (le infradito verranno tagliate a pezzettini) e con un livello medio di difficoltà.

Si tratta di un itinerario ad anello percorribile in circa due ore ma con dei tratti a strapiombo protetti adeguatamente da parapetti in legno. Il luogo ideale per gettare tutte le infradito della zona.

Durante il tragitto didattico si può ammirare la fitta vegetazione e l’asperità delle montagne carsiche. Un’immersione nella natura più selvaggia che attira soprattutto gli amanti del birdwatching e gli escursionisti esperti.

Fare attenzione al lago del Mis e dintorni:

La zona è piuttosto selvaggia è frequentata da ospiti indesiderati (a parte le persone in infradito) quali la vipera e le zecche.

Presta molta attenzione a dove cammini, soprattutto vicino all’acqua e nelle zone sassose. La sera, quando torni a casa, fai un controllo per evitare spiacevoli intrusioni.

L’isola del Lazzaretto Nuovo nella laguna nord di Venezia è un salto nel passato e nella storia della Repubblica di Venezia. In particolare ci insegna com’era gestita la sanità e l’importanza che si dava alla sicurezza pubblica.

  La Vigna Murada

 

Il primo nome conosciuto dell’isola del Lazzaretto Nuovo fu Vigna Murada. La prima presenza umana, secondo i reperti archeologici, risalirebbe addirittura all’età del bronzo.

Mentre è un documento ufficiale datato 1015 che ne attesta definitivamente la presenza umana grazie alla sua posizione strategica: l’isola si trova infatti a soli 3,5 chilometri da Venezia, nell’ingresso della laguna e davanti all’isola di Sant’Erasmo.

E in che veste? Diciamo che fin dagli arbori ebbe un ruolo di protezione dell’entroterra e di controllo dei canali lagunari. D’altronde Venezia è sempre stata un bersaglio appetibile e la sicurezza non era mai troppa.

 

contenitore nel museo dell'isola del lazzaretto nuovo

 

Nel medioevo l’isola del Lazzaretto Nuovo appartenne ai monaci dell’ordine di San Giorgio Maggiore che edificarono una chiesa in onore di San Bartolomeo, il protettore dei pescatori. Rimasero lì per un lungo periodo e la fecero diventare un importante polo commerciale.

In quel periodo, infatti, c’era una fervente produzione di sale, un’importante risorsa economica che faceva capo all’isola di Torcello.

Tutto il territorio, essendo Venezia sul mare, era circondato da saline, che costituivano merce di scambio con il resto del mondo. Una produzione che rimpolpava abbondantemente le casse della Repubblica visto che il sale era un bene che serviva un po’ a tutti.

 

A Venezia, quando c’è la luna, par di passeggiare in una acquaforte. (Carlo Dossi)

L’isola del Lazzaretto Nuovo

 

Nel 1468, con un decreto del Senato della Serenissima, l’isola divenne lazzaretto cambiando completamente il suo orientamento. Il nome fu scelto per differenziare quest’isola dal Lazzaretto Vecchio che già esisteva e si trovava di fronte al Lido di Venezia.

Lì, infatti, venivano portate le persone che avevano già contratto il morbo della peste, per le quali non c’era più niente da fare. Nell’isola del Lazzaretto Nuovo, invece, venivano ospitati coloro i quali presentavano alcune manifestazioni, senza esserne seriamente infettati e solo a titolo di prevenzione.

A tal proposito, non erano controllate solo le persone, ma anche le merci passavano di qua e venivano messe in quarantena. In sostanza venivano purificate, con i mezzi dell’epoca, attraverso l’uso di erbe aromatiche, come il rosmarino e il ginepro.

 

La parola quarantena fu coniata proprio dai veneziani e indicava quel periodo di quaranta giorni in cui, uomini e merci, dovevano rimanere rinchiusi all’interno del Lazzaretto. Questo accadeva se provenivano da paesi infetti perché avrebbero potuto portare malattie all’interno della Repubblica. Il numero 40 evocava la simbologia cristiana. 

 

La peste nell’Isola del Lazzaretto Nuovo

 

Purtroppo, durante il periodo della Serenissima, ci furono due terribili contagi di peste: il primo avvenne nel 1576 e il secondo nel 1630.

In queste due occasioni anche l’isola del Lazzaretto Nuovo fu usato come ospedale per gli appestati, come documentato dagli scavi archeologici, in quanto il numero dei malati era superiore a quello che poteva essere contenuto in una sola isola.

Data l’enorme quantità di merci e di persone che arrivarono nell’isola furono costruiti diversi edifici. La struttura principale, conservata ancora oggi, era il Tezon Grande che raggiungeva la lunghezza totale di 100 metri.

Era un edificio che conteneva un centinaio di stanze e da lontano sembrava quasi un castello, perché ogni camera era dotata del tipico camino veneziano.

 

viale alberato verso il tezon grande

L’opera diventò il più grande edificio pubblico di Venezia subito dopo le Corderie dell’Arsenale.

Ma in quel periodo non si conoscevano ancora le cause che scatenavano la peste e le cure non erano adeguate. Solo più tardi si sarebbe scoperto che la responsabile era una pulce che infestava i ratti africani portando il morbo.

La peste si manifestava in due modi diversi: c’era quella bubbonica che provocava bubboni sotto le ascelle, in prossimità dei vasi linfatici e la peste nera che portava dolori insopportabili fino allo stadio finale di setticemia.

La mortalità era pari al 40% nella prima e il 90% per la seconda.

L’antibiotico non era ancora stato inventato, né tanto meno la penicillina. L’unico antidoto usato dai veneziani era la teriaca, un composto di 31 erbe e allucinogeni messo a disposizione a tutta la cittadinanza.

Le persone più abbienti, inoltre, potevano fare i salassi, una pratica medica accreditata che si pensava potesse curare ogni tipo di malessere. Nonostante le difficoltà Venezia fu una delle prime città che riuscì a debellare in modo significativo il morbo.

 

il tezon grande edificio antico, isola del Lazzaretto Nuovo

 

Quale fu la sua fortuna?

  • tutti potevano accedere ai servizi sanitari, anche i poveri;
  • l’isola del Lazzaretto Nuovo si trovava a una certa distanza dal centro cittadino;
  • la merce in arrivo era sottoposta al periodo di quarantena.

 

La Repubblica di Venezia ricercava il benessere dei propri cittadini ed era orientata al senso comunitario. All’interno del Lazzaretto Nuovo fu costruito il primo cimitero musulmano al mondo ricordato come il Campo Tripolino.

 

Il rispetto nasce dalla conoscenza, e la conoscenza richiede impegno, investimento, sforzo (Tiziano Terzani)

 

L’esercito austriaco e francese

 

Una volta debellato il morbo il Lazzaretto perse parte del suo motivo di esistere. Durante il 1700 l’isola venne militarizzata dagli austriaci e nel corso dell’800 ne costruirono una cinta muraria.

Il Tezon Grande, prima aperto da archi per il circolo dell’aria, venne completamente chiuso per contenere la polvere da sparo. L’isola fu collegata alla Testa di Ponte di Sant’Erasmo e alla batteria della Torre Massimiliana che controllava l’ingresso del porto di Lido.

 

cartello lungo la ronda, isola del Lazzaretto Nuovo

L’isola del Lazzaretto Nuovo oggi

 

Dopo la guerra fu consegnata all’Esercito Italiano come caserma militare che la tenne fino al 1975. Successivamente iniziarono i lavori di restauro promossi dalla Sovrintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici e dal Magistrato delle Acque.

Attualmente è in concessione all’associazione Ekos Club che si occupa di preservare il territorio anche attraverso attività scientifiche e culturali.

Il sito è accessibile i sabati e le domeniche dal 7 aprile al 28 ottobre, con due visite guidate: la mattina alle ore 9.45 e il pomeriggio alle ore 16.30.

Ciò comprende la visita al giardino interno con i suoi gelsi secolari, l’interno del Tezon Grande, che ospita un piccolo museo con suppellettili, anfore e resti umani ritrovati durante gli scavi archeologici e il camminamento di ronda.

Un percorso ad anello lungo un chilometro che costeggia tutta l’isola costituita dalla tipica vegetazione con piante di alloro, frassino, biancospino, pruni selvatici, eccetera.

Mentre la fauna locale presente è composta soprattutto da uccelli di varie specie come aironi, cormorani, gabbiani, garzette, falchi di palude e altri uccelli di passaggio.

Infine, si possono vedere due tipici “caselli da polvere” distribuiti in tutta la zona lagunare nella metà del ‘500 come contenitori di polvere da sparo.

La formazione era così composta: una base di pietre d’Istria, degli strati di mattoni e un tetto piramidale a contenimento di eventuali esplosioni.

Nella stagione estiva l’isola è presa d’assalto dai campi estivi dei bambini promossi dall’associazione Archeo club di Venezia con l’intento di far loro scoprire l’origine e la storia della Serenissima.

 

veduta della laguna

 

Come raggiungere l’isola del Lazzaretto Nuovo: 

Prendere la linea 52 ACTV da Piazzale Roma e scendere a Fondamenta Nove, da lì proseguire con il traghetto linea 13 in direzione Cavallino Tre Porti.

 

L’isola di Pantelleria fai da te è una delle esperienze più affascinanti e divertenti che potrai fare nei dintorni del mar Mediterraneo. Si trova in provincia di Trapani dalla quale dista circa 175 chilometri. Si raggiunge tramite traghetto da Trapani o con l’aereo.

Il cibo ti delizierà il palato e i panorami ti sazieranno gli occhi. Vorrai fermare il tempo e assaporare ogni istante. La sua magia ti rapirà la mente e non ti lascerà andare. Almeno questo è ciò che è successo a me.

Sono passati due anni dal mio viaggio nell’isola di Pantelleria ma i ricordi rimangono intatti.

A dire la verità non avevo programmato il viaggio ma, cercando una meta per la settimana di ferie in giugno e puntando il dito a caso nel mappamondo, era uscita Pantelleria.

Ho trovato una sistemazione su Booking e ho prenotato il volo con Volotea. Ho affittato una macchina (ma puoi scegliere anche un motorino) e ho fatto una delle vacanze più divertenti e avventurose della mia vita.

 

porto dell'isola di pantelleria fai da te al tramonto

 

Dove alloggiare? Isola di Pantelleria fai da te

 

Gli alloggi caratteristici nell’isola di Pantelleria sono i Dammusi. Si tratta di costruzioni derivanti dall’edilizia araba adattati alla conformazione dell’isola secondo un sapiente lavoro degli abitanti. Gli elementi presi in considerazione sono: il caldo, il vento, l’assenza di pioggia e il materiale lavico.

Per ogni problema si è trovata una soluzione ideale. Nel dammuso i tetti sono a forma di cupola per convogliare l’acqua piovana nelle cisterne. Finestre e porte sono più piccole rispetto alle misure standard e i muri sono spessi per proteggere l’abitazione dal freddo e dal caldo.

Nei giardini si trova, di solito, una costruzione circolare in pietra lavica adatta a coltivare alberi da frutto, protetti dal vento il quale soffia forte quando arriva il scirocco.

 

i bellissimi fiori di cappero isola di Pantelleria fai da te

Cosa visitare? 

 

Pantelleria inganna i vacanzieri che credono di trovare solo spiagge e mare. In realtà i siti turistici da visitare sono numerosi e insoliti.

La prima cosa da fare è prenotare un tour dell’isola in barca, in questo modo puoi avere un’idea generale dei luoghi da vedere e in quale direzione dirigerti.

In centro, nella zona portuale, si trova il Castello di Pantelleria adibito a museo che conserva reperti archeologici e le teste imperiali di Giulio Cesare, Antonia Minore e Tito. La sua origine risale al medioevo ed era stato costruito a difesa della città, poi riconvertito a carcere fino al 1975.

Cala Gadir nasconde due vasche termali naturali con acqua che raggiunge i 30 gradi circa, accanto al porticciolo. Sarà difficile però entrare dato la grande affluenza turistica. Nel frattempo puoi fare un bagno nella piscina creata vicino alle vasche.

In prossimità della costa e a pochi metri di profondità, sono state ritrovate delle anfore appartenute a dei relitti datati tra il III e il II secolo a.C., per questo Cala Gadir è diventata una meta frequentata dai subacquei.

Il luogo simbolo dell’isola di Pantelleria è l’Arco dell’Elefante, uno scoglio in pietra lavica a forma di proboscide che crea un grande arco.

Con una breve passeggiata da Punta Spadillo, dove si può ammirare il faro, si raggiunge il Laghetto delle Ondine. Si tratta di un lago naturale formatosi grazie alla conformazione rocciosa degli scogli in prossimità del mare. Le onde cambiano di continuo l’acqua all’interno mantenendo l’ambiente pulito.

Come muoversi nell’isola di Pantelleria fai da te?

Il modo migliore per spostarsi nell’isola di Pantelleria fai da te è noleggiare un auto o un motorino. Tieni conto che il motorino è pratico e veloce per attraversare le stradine strette ed è più semplice da parcheggiare.

L’auto ha un suo vantaggio in termini di comodità ma nei periodi di maggior afflusso rischi di non trovare parcheggi a disposizione. L’alternativa è sfruttare il servizio pubblico di autobus.

 

cala tramontana una delle più frequentate perché provvista di pontile in legno sull'isola di pantelleria

Dove sono le spiagge più belle? 

 

Le spiagge a Pantelleria non hanno sabbia ma scogli o roccia. Ricordati dunque di portare un tappetino di plastica per essere più comodo. Le principali sono:

  • Bue Marino, vicinissimo al centro è molto grande e molto frequentata. Puoi trovare un angolo tranquillo nel quale rilassarti e fare un bagno.
  • la Cala Gadir
  • Cala Cinque Denti, si raggiunge tramite barca o a piedi, ma l’accesso in acqua non è semplicissimo.
  • Cala Cottone, si raggiunge dopo una breve passeggiata immersi nella natura pantesca.
  • Arco dell’Elefante
  • Nikà, alterna la temperatura naturale dell’acqua con ondate di acqua più calda regalando un’esperienza unica
  • Balata dei Turchi, una baia con dei fondali ed un costone dai colori sensazionali.
  • Martingana, una delle baie più belle dell’isola
  • Lido Shurhug, l’unica spiaggia attrezzata.

Dove fare le immersioni? 

Le zone delle immersioni sono: Cala Gadir, Arco dell’Elefante, Punta Spadillo, Punta Fram, Scauri, Nikà, Balat dei Turchi, Dietro Isola, Punta Limarsi, Cala Tramontana, Cala Levante.

 

cala cottone

Cosa vedere all’interno dell’isola di Pantelleria fai da te? 

 

Il lago di Venere è uno specchio di acqua blu nel quale puoi fare i fanghi termali. Si tratta infatti di un lago nato nel cratere di un vulcano con l’unica spiaggia di sabbia in tutta l’isola.

 

La leggenda narra che la Dea Venere si specchiasse in queste acque prima di incontrare Bacco e parte della sua bellezza è rimasta intrappolata nelle acque. Ciò spiegherebbe la trasparenza e la magia del lago.

 

La Montagna Grande si raggiunge dalla contrada Sibà ed è alta 836 metri. Si snoda in numerosi percorsi di trekking, uno dei quali porta anche alla grotta di Benikulà. Conosciuta come bagno asciutto è una sauna naturale grazie alla fuoriuscita spontanea di vapore acqueo.

Cosa mangiare? 

I prodotti tipici dell’isola sono il Passito di Pantelleria, i capperi, e l’origano. Il primo lo puoi trovare in una delle tante aziende vinicole presenti nell’isola. Il passito è un vino dolce da accompagnamento ai dolci. Il gusto è corposo e raccoglie tutti i sapori della terra.

I capperi e l’origano crescono selvatici un po’ dappertutto, ti guiderà il loro profumo. Ma devi fare attenzione a dove li acquisti. Gli originali fanno parte della cooperativa dei capperi che comprende la maggior parte dei produttori del territorio.

Le pietanze che trovi nei ristoranti sono quelle tipiche siciliane a cui vanno aggiunte le specialità dell’isola come il cous cous (buono come quello di San Vito lo Capo), l’insalata, la pasta con l’ammogghio (pesto pantesco), i ravioli amari e il bacio pantesco.

 

arco dell'elefante, pezzo di roccia che assomiglia a una proboscide

 

Ti lascio con una citazione di Gabriel Garcia Marquez:

 

“Stavamo passando l’estate nell’isola di Pantelleria, all’estremo sud della Sicilia, e non credo che esista al mondo un luogo più consono per pensare alla Luna.
Ricordo come in un sogno le pianure interminabili di roccia vulcanica, il mare immobile, la casa dipinta a calce fin negli scalini, dalle cui finestre si vedevano nella notte senza vento i fasci luminosi dei fari dell’Africa.
Io pensavo con una certa nostalgia premonitrice che così doveva essere la Luna. Ma lo sbarco di Armstrong aumentò il mio orgoglio patriottico: Pantelleria era meglio”.

Ennesimo blog tour in Umbria fra Perugia e Terni gentilmente offerto da Città della Pieve promotion. Com’è andata? Ora te lo racconto…

La prima volta è stata in occasione della manifestazione “Zafferiamo” che si è svolta a Città della Pieve in ottobre. Questa volta il soggiorno ha toccato varie località, andando a esplorare i borghi che tracciano un percorso invisibile dalla provincia di Perugia a quella di Terni, fra la Val di Chiana e l’area del Trasimeno.

Ciò che mi è apparso chiaro è stata la differente modalità del soggiorno. Se la prima volta ci siamo occupati di raccontare Città della Pieve, questa volta ci siamo soffermati alla riscoperta dell’Umbria che non ti aspetti, quella dei borghi antichi e leggermente al di fuori dei percorsi turistici.

Ti svelerò da subito che l’esperienza è stata travolgente. Una carambola di emozioni si sono accavallate, tanto da ritrovarmi seduta di fronte al computer a pensare più alle persone che ho conosciuto che ai luoghi visitati.

Umbria fra Perugia e Terni: i luoghi visitati

 

Salci

Partirò proprio dalla fine, l’ultima tappa del tour, ovvero Salci. Un borgo sorto nel 1200 e abitato fino agli anni ’60. Oggi è un comune abbandonato, in vendita, il migliaio di abitanti che lo popolavano si sono sparpagliati tra Città della Pieve, Fabro e i borghi attigui.

Gli antichi proprietari avevano ricevuto un finanziamento europeo per la ricostruzione negli anni ’90 ma da quel momento nulla è stato compiuto e la chiesa di San Leonardo e il castello sono rimasti tristemente segnati dai cartelli rossi che avvisano possibili cedimenti alle strutture.

Al momento non rimane che lo spettro di ciò che è stato e rivive nei cuori di chi ci ha vissuto e in particolare nel comitato che combatte per riportarlo in auge.

La signora Simonetta si è fermata a raccontarci aneddoti che hanno segnato la sua infanzia e le radici che la legano a Salci. Una lacrima è quasi sfuggita dai suoi occhi, segno della ferita inferta ai loro ricordi di infanzia.

E ha commosso tutti noi. Il meccanico, l’unico rimasto, mantiene la sua attività in quel luogo a sottolineare un legame che non vuole e non bisogna spezzare.

Allerona in Umbria fra Perugia e Terni

In contrapposizione c’è Allerona, forte del suo titolo come borgo fra i più belli d’Italia, fiorito, vivace e allegro. Si trovano tracce del borgo fin dai tempi degli etruschi mentre nel medioevo fu un castello di stampo feudale di Orvieto, scelto per il suo ruolo di passaggio in epoca romana della via Cassia e Traiana.

Abbiamo avuto una dimostrazione sull’intreccio delle ceste in vimini dalla signora Irma che con mani sapienti operava raccontandoci vari aneddoti.

Poi abbiamo proseguito lasciandoci affascinare dai colori della campagna circostante che, per un attimo, ci ha bloccato. Impossibile non scattare una foto, sperare di rimanere intrappolati all’interno di essa. Non solo luoghi ma anche persone ho citato all’inizio.

 

Signora che guarda dalla terrazza ad Allerona: Umbria fra Perugia e Terni

 

Le aziende incontrate

 

ANTICO COTTO PIEVESE

Ci siamo fermati nell’azienda Antico Cotto Pievese seguendo le fasi di lavorazione dell’argilla. Con l’avvento della crisi la ditta si è trovata in seria difficoltà e ha deciso di reinventarsi da zero un’alternativa.

Uno studio approfondito li ha portati a creare un prodotto perfettamente in linea con il territorio: dei contenitori per l’olio dalle linee moderne che ha conquistato l’interesse di acquirenti stranieri. Uno spunto per l’innovazione e l’intelligenza di chi non si lascia abbattere.

LISPI & CO.

Anche l’azienda di ferro battuto Lispi & Co. con la crisi si è ridefinito un nuovo taglio commerciale nel settore del design moderno, grazie alle sapienti mani del padre e le idee trasversali del figlio.

Con loro abbiamo pranzato, confrontandoci con una piccola realtà che combatte per non sopperire all’automazione febbrile del sistema.

Nello showroom mi sono fermata a osservare dei pezzi originali che riprendevano i motivi dell’artista Basquiat mentre la famiglia ospitante al completo si è occupata di omaggiarci del pranzo sotto i raggi tiepidi del sole invernale.

CASA RONDINI

Al ristorante Casa rondini a Montegabbione invece il cuoco e proprietario ci ha fatto assaggiare per la prima volta un prodotto tipico della zona.

Si tratta di un aglio enorme, chiamato aglione, con un gusto potente ma allo stesso tempo avvolgente. Non rimane il retrogusto fastidioso di aglio ma si amalgama agli altri ingredienti.

L’abbiamo degustato con i pici, una pasta tipica anch’essa del luogo e salsa di pomodoro fresco. Ovviamente al primo sono seguiti altre abbondanti pietanze!

 

La mia stanza durante il soggiorno in Umbria fra Perugia e Terni nell'agriturismo Cornieto

 

AGRITURISMO CORNIETO

Le notti, trascorse all’agriturismo Cornieto, sono servite a riordinare le idee e riposare la mente. Rita, la proprietaria, è una delle più importanti produttrici di olio di oliva della zona.

Le sue specialità sono l’olio leccino, moraiolo e frantoio. Sono oli dal gusto completamente diverso e ognuno di loro si sposa alla perfezione con determinati tipi di piatti. In una cena da lei preparata abbiamo avuto la possibilità di assaggiare e capire le varie sfumature, anche olfattive.

Gli appartamenti nei quali abbiamo soggiornato sono stati silenziosi e dotati di ogni comfort. Le colazioni abbondanti e deliziose grazie al contributo di Marisa che con le sue ricette segrete ha catturato il nostro palato con sapori tradizionali.

Inoltre possiede una bellissima piscina esterna che dato il periodo, purtroppo, non abbiamo potuto utilizzare ma in compenso abbiamo visitato il suo orto e le verdure di stagione come il cavolo rosso, i campi di oliveti e anche quelli lavorati per la produzione di farro.

CASA ANTHEIA

Un altro agriturismo in Umbria fra Perugia e Terni che abbiamo avuto la possibilità di conoscere è Casa Antheia gestito da una coppia originaria di Torino innamoratasi di un casale a Monteleone di Orvieto.

Cesare e Maria ci hanno accolto come se fossero una famiglia e ci hanno fatto sognare con la loro storia.

La loro azienda agricola in Umbria fra Perugia e Terni sta testando varie produzioni come il biologico, il sinergico e la coltivazione dello zafferano.

Hanno inventato un prodotto unico: lo sciroppo dolce di zafferano che può essere usato in accompagnamento sia alle pietanze salate come i formaggi, che a quelle dolci.

La cura e l’amore che ci mettono nella terra la si percepisce anche all’interno delle stanze offerte ai turisti grazie a una attenta cura nei dettagli che donano un tratto distintivo al casolare completamente ristrutturato.

Entrare qui significa riconoscersi in un ambiente armonico e carico di positività. E sono sensazioni che ti assicuro rimangono addosso quasi come se fossero palpabili.

Alla fine posso ammetterlo in tutta onestà che sono stata davvero fortunata di visitare questo pezzo di Umbria, fra Perugia e Terni, un vero angolo di Paradiso. Purtroppo Casa Antheia ha chiuso i battenti 🙁

Nel lago di Garda lato bresciano ci sono tantissime città da scoprire ognuna con le sue peculiarità che le caratterizza. Io le ho scoperte grazie a una prenotazione sul sito di Groupon e un soggiorno a Pozzolengo.

Mi sono ritrovata catapultata nella fertile campagna fra Veneto e Lombardia, adiacente al più turistico e rinomato lago di Garda, meta prediletta dei turisti tedeschi.

Lago di Garda lato bresciano

 

DESENZANO DEL GARDA

Desenzano del Garda è una città che invita alla distensione e alle passeggiate che portano ad ammirare il castello, originario dell’alto medioevo e il vivace centro cittadino. In estate è frequentatissimo e dovrai quindi armarti di pazienza per trovare un parcheggio. In alternativa lo puoi raggiungere mediante treno o corriere.

Il porto vecchio, invece, è un lascito della Repubblica di Venezia, la quale progettò un ponte levatoio di cui non si sono mantenute le tracce e un altro ponte in stile veneziano, fra i monumenti più fotografati dai turisti.

Non manca – a sorpresa – uno spettacolare dipinto raffigurante l’Ultima Cena di Gian Domenico Tiepolo, custodito all’interno del Duomo assieme ad altri affreschi dell’artista Andrea Celesti.

Ci sono diverse spiagge attrezzate ma anche alcuni punti liberi dove potrai fare una nuotata e prendere un po’ di sole. Allontanandoti dal centro ti accorgerai come la zona si farà via via paludosa ma conserverà comunque un fascino selvaggio.

SIRMIONE

Sirmione è famosa per le sue terme naturali decantate dal poeta romano Gaio Valerio Catullo. Il percorso lungo il centro storico si snoda attraverso un dedalo di vie fulgide di vita e di negozi, soprattutto gelaterie.

Raggiungerla non sarà semplicissimo perché i parcheggi più economici sono posizionati a qualche chilometro di distanza dal centro. Ci sono due opzioni: prendere un autobus o fare l’intero tragitto a piedi.

L’entrata alla città ti condurrà direttamente all’interno dell’antico castello scaligero. Ben presto però ti accorgerai che poco rimane di medievale se non l’ossatura del castello e come affresco, locali e negozi ideati per i turisti in visita.

Se vuoi rintanarti per un attimo nel passato sali verso l’alto, seguendo le Grotte di Catullo, uno degli esempi meglio conservati della domus romana – una villa per vacanze – in cui soggiornavano le personalità di spicco dell’antica Civiltà Romana.

Il lungolago offre degli scorci meravigliosi e dei riflessi particolari in cui cercare la quiete dal marasma turistico, fare un tuffo e delle aree dedicate agli attracchi per le imbarcazioni, ottime per raggiungere le altre località lagunari.

 

 

LIMONE SUL GARDA

Limone sul Garda è chiamato così per la massiccia presenza di agrumeti, uliveti e ovviamente limonaie anche se c’è chi sostiene che non sia questa l’originale etimologia del nome.

Se deciderai di soggiornare qui saranno le piante a guidare la tua visita e non i monumenti o i musei. A impreziosire il paesaggio c’è anche la presenza meditabonda delle piante di cipresso che sanno sempre suggerire dei momenti di intimità e introspezione.

Persino lo scrittore tedesco Goethe passandovi ne rimase affascinato, tanto da sottolinearne la naturale disposizione contemplativa. Le limonaie, infatti, si estendono in filari situati sulle pendici dei monti che segnano il confine con il Trentino Alto-Adige. Oggi sono protette e tutelate come Patrimonio Comunale di inestimabile valore storico.

GARDONE RIVIERA

Gardone Riviera è notoriamente famoso per il “Vittoriale degli Italiani”, luogo in cui visse il poeta abruzzese Gabriele D’Annunzio dal 1921 al 1938. È questa città a vantare il premio come la meta turistica lagunare più visitata dai turisti italiani e stranieri.

Fa parte del Parco regionale dell’Alto Garda Bresciano ed è avvicendata dai comuni limitrofi di Salò, Toscolano Maderno, Manerba del Garda, Vobarno e Torri del Benaco. Anche qui c’è una presenza moderata di agrumeti e uliveti ma la meta è frequentata per il monumento del Vittoriale.

Si tratta di un complesso museale composto da un teatro all’aperto, giardini architettonici, corsi d’acqua, edifici che ospitano vari cimeli, strade, archi, statue e piazze progettato dall’architetto Giancarlo Maroni.

L’intento dell’architetto nel costruirlo fu di omaggiare il genio del poeta-soldato D’Annunzio e imprimere le difficili imprese del popolo italiano durante il sanguinoso conflitto della Prima Guerra Mondiale.

SALÒ

Salò è ricordata per essere stata sede della Repubblica Sociale Italiana per un breve lasso di tempo che iniziò nell’ottobre del 1943. La scelta cadde su questa città per la sua vicinanza alla Germania Nazista durante il periodo in cui a guidare il popolo italiano c’era il dittatore Benito Mussolini.

Uno dei monumenti religiosi più importanti del paese è il duomo di Salò con la facciata esterna che rimane ancora incompleta ma impreziosita in parte dal portale in marmo del Tamagnino e di Gasparo Cairano.

L’edificio è dedicato a Santa Maria Annunziata e custodisce le tele Paolo Veneziano e altri artisti dell’epoca mentre le dieci statue lignee sono state ideate da Pietro Bussolo.

 

veduta sul castello di Sirmione sul garda lato bresciano

 

I dintorni del lago

 

POZZOLENGO

Ho soggiornato qui, immersa nella fantastica zona dei vini, soprattutto del Lugana, dove a far risaltare il verde dei filari ci sono le tipiche case di campagna. La sua particolarità è determinata dalla posizione confinante con tre provincie: Brescia, Mantova e Verona.

Tra i prodotti tipici di Pozzolengo ci sono:

  • il salame Morenico di Pozzolengo, a cui è stata attribuita la DeCO (denominazione comunale di origine);
  • i biscotti tradizionali di Pozzolengo con la farina di farro;
  • lo zafferano.

Il borgo di Pozzolengo è abitato fin dalla preistoria e viene definito il “Centro del mondo”. Al suo interno cela delle torbiere e dei pozzi che rivelano così l’origine del nome.

Il luogo di interesse principale è il castello, costruito fra il IX e il X secolo, come difesa dai magiari, ottimamente riqualificato ed esteso su una superficie di circa 10 mila metri quadri.

 

l'ossario con teschi e ossa di arti

 

SAN MARTINO DELLA BATTAGLIA E SOLFERINO

Vicino a Pozzolengo, compreso nel comune di Desenzano del Garda, c’è San Martino della Battaglia, famoso per una terribile battaglia, appunto. Tale conflitto fu combattuto dalle forze del Regno di Sardegna, capitanate da Vittorio Emanuele II, a fianco dei francesi contro gli austriaci. Le vittime furono ingenti e in ricordo di tale tragedia fu eretta la chiesa di San Martino, adibita poi a ossario.

Vicino è posizionata la Città di Solferino, in provincia di Mantova, che si affaccia sui colli morenici del lago di Garda. Viene ricordata anch’essa in combinazione a San Martino per la terribile battaglia in cui persero la vita oltre 29 000 uomini.

Torre a San Martino della Battaglia

 

La più importante struttura da visitare è la Rocca di Solferino, che viene comunemente chiamata la “Spia d’Italia“. Si trova a un’altezza ragguardevole di 23 metri e da lassù è possibile controllare tutta la zona circostante.

Vicino si trova anche Il Memoriale della Croce Rossa, in ricordo di Jean Henry Dunant, il fondatore dell’associazione, che proprio qui ebbe l’idea di istituire la società.

Piazza Castello, invece, ospita il Castello di Orazio Gonzaga, una famosa famiglia di Mantova. Ma il sito più impressionante di tutti è l’Ossario di Solferino, che contiene oltre 1400 teschi e le ossa di oltre 7000 caduti. Un luogo che testimonia violenza e crudeltà inaudite.

 

Vilminore di Scalve è una cittadina a 1018 metri sopra il livello del mare, immersa tra le Alpi e le Prealpi Orobie, in Val di Scalve.

Una città dal fascino antico dove le tradizioni sopravvivono grazie al mantenimento dei propri cittadini che le tramandano da padre in figlio. Visitarla significa fare un tuffo nel passato e rivivere momenti rurali e comunitari.

VILMINORE DI SCALVE

 

Il paese si trova a  60 chilometri dalla provincia di Bergamo, all’interno della Val di Scalve, vicino alle più note Valcamonica, Valtellina e Valseriana.

La città racchiude al suo interno le frazioni di Nona, Pezzolo, Teveno, Bueggio, Vilmaggiore, Pianezza, Meto, S.Andrea e Dezzolo. Gli altri capoluoghi vicini, facenti parte della Val di Scalve sono: Azzone, Colere, Schilpario.

Per arrivare a destinazione si esce a Brescia Ovest e si prosegue in direzione lago d’Iseo. Si fa obbligatoriamente tappa al paese di Boario Terme per assaggiare le sue acque benefiche, per poi salire fino a oltrepassare la Valcamonica ed entrare in Val di Scalve fino a Vilminore.

Il borgo è fornito di ogni genere di necessità: dai negozi di alimentari, ai panifici, alle edicole, eccetera. Ma immagino siano i monumenti e i musei quelli che interessano anche a te, giusto? Ebbene, in centro città si trova il Palazzo Pretorio, edificato nel 1375, che ospita le cinquecentesche prigioni ottimamente conservate.

L’antica Pieve di Scalve, invece, sovrasta dall’alto del suo campanile. Le chiese sorsero nei borghi rurali delle valli proprio per permettere alla comunità di ricevere i sacramenti e per ritrovarsi. I popolani, infatti, si riunivano deliberando i principali fatti riguardanti la comunità e le vallate vicine.

Dal centro città parte, all’altezza della chiesa, una Via Crucis che attraversa in alto tutto il paese.

 

la diga del gleno com'è oggi

 

LA DIGA DEL GLENO

 

Dalla cittadina si può decidere di salire a piedi fino a raggiungere la Diga del Gleno oppure, per un percorso più semplice, salire in auto fino a raggiungere la piazza principale di Pianezza e da lì arrivare alla diga con una salita di un’ora circa.

La diga fu teatro di una tragedia avvenuta solo dopo pochi mesi dalla sua inaugurazione. Morirono diverse persone e alcuni borghi vennero completamente cancellati.

 

Il 22 ottobre 1923 si riempì il bacino per la prima volta e nel mese successivo ci furono numerose fuoriuscite d’acqua. Il 1° dicembre del 1923 alle ore 7:15 la diga crollò e 6 milioni di metri cubi d’acqua con scivolarono senza trovare impedimento verso il lago d’Iseo. Occorsero 45 minuti perché la massa d’acqua giungesse il lago d’Iseo. I morti furono ufficialmente 356, ma i numeri sono ancora oggi incerti. (fonte Wikipedia)

 

 

abitazione tipica montanara a Vilminore di Scalve

 

DA VISITARE

 

Partendo da Ronco si raggiunge il rifugio Tagliaferri dove si possono ammirare, lungo il tragitto, le cascate del Vò, il fiume che attraversa la vallata.

La valle è abitata dall’Orso Valdevò, simbolo della Val di Scalve e protettore della natura. Ma se ti interessano i trekking impegnativi puoi affrontare dei percorsi per escursionisti esperti come quelli al:

  • massiccio della Presolana a 2521 mt;
  • Pizzo Tornello a 2687 mt;
  • Cimon della Bagozza a 2409 mt.

Ritornando a ritroso nella valle si può visitare Luine nella Valcamonica dove si trovano numerose incisioni rupestri con scene di caccia, di guerra, di vita quotidiana degli antichi abitanti della Valle Camonica, i Camuni dell’Età del ferro (I millennio a.C.).

Più in basso, come ti anticipavo all’inizio dell’articolo, si trova il comune di Darfo Boario con le sue famosissime Terme di Boario: le 4 acque (Antica Fonte, Fausta, Igea, Boario) sono vere fonti di benessere, note per la loro azione benefica nell’alleviare i disturbi dell’apparato digerente ed epatico, disturbi da ricondurre allo stress e alle tensioni della vita quotidiana.