Gli episodi da viaggiatrice divertenti vissuti nei vari viaggi mi hanno insegnato a non prendermi troppo seriamente. Per questo te li voglio raccontare, con la speranza di riuscire a strapparti almeno un sorriso.
Episodi da viaggiatrice: Passion Kenya
Nel 2013 sono stata in vacanza per ben due volte in Kenya: a febbraio e a settembre. Durante le vacanze di febbraio – trascorse in compagnia di una mia amica – decidemmo di pranzare in un ristorante in spiaggia. Il menu fu molto semplice: riso, pesce e frutta come dessert.
Tra la frutta figuravano i frutti della passione che io avevo assaggiato, credo, solo una o due volte nella mia vita. Come li misi in bocca mi inebriai dal loro sapore dolce e leggermente acido. Il gusto era potenziato dal corretto clima e dalla magica terra rossa dell’Africa.
Erano così succosi da risultare irresistibili e visto che ero l’unica ad apprezzarli feci man bassa. In totale ne mangiai sette. Avevo pienamente soddisfatto il mio appetito fintantoché non iniziai a sentire un certo brontolio allo stomaco.
Ben presto mi accorsi che i frutti della passione stavano provocando un effetto spiacevole che mi mise in allarme. Così mi inventai una scusa per rientrare in resort.
La corsa prima della catastrofe non fu semplice perché i celeberrimi “Beach Boys”, che si trovano nelle spiagge keniote, non erano propensi a lasciarmi andare.
L’unica cosa da fare era stringere forte le chiappe, camminare veloce senza prestar loro troppa attenzione e dribblare chi cercava di ostruirmi il passaggio.
Arrivai in bagno appena in tempo e ringraziai tutte le divinità e i dei del viaggio per essere riuscita a evitare il peggio (indossavo solo il costume). Uno fra i più imbarazzanti episodi da viaggiatrice decisamente da dimenticare.
Camember in stanza d’albergo
La mia prima volta a Parigi fu un’esperienza esaltante, totalizzante. Ero sopraffatta dall’architettura, dalle proposte artistiche e culturali, dalle incredibili offerte museali.
Feci della flânerie pur non conoscendo ancora il termine. Mi avventurai per le viuzze senza l’ausilio della cartina monitorando il tragitto col desiderio di lasciarmi travolgere solo dalla meraviglia.
A fine serata scendevo alle Galerie La Fayette per acquistare qualcosa da mangiare quando vidi lui: il famoso formaggio Camember. L’avevo assaggiato in Italia ma non lo avevo trovato particolare o inconfondibile come lo descrivevano i francesi, così decisi di provarlo.
Aggiunsi alla lista della spesa del pane, della verdura fresca e dei gamberetti con salsa rosa. Appena entrai in hotel appoggiai tutto al tavolino e mangiai per primo il formaggio.
Puzzava e aveva un gusto deciso, unico e indimenticabile. Finalmente comprendevo la passione dei francesi per questo formaggio. Terminata la cena rimasi in hotel e lessi fino ad addormentarmi.
La mattina dopo mi svegliai torcendo il naso. Cos’era quell’odore nauseabondo?
L’involucro del Camember ovviamente! Fu un momento detestabile e scommetto che non l’apprezzò nemmeno il servizio di pulizia che venne a risistemare la stanza, dato che purtroppo era sprovvista di finestre.
Episodi da viaggiatrice con cocco, mango e peperoncino
Tra gli episodi da viaggiatrice ‘gourmet traumatiche’ enumero anche quella vissuta in Messico, a Playa del Carmen. Immagina di poter trascorrere sei mesi in Centro America e di toccare la sabbia delle spiagge caraibiche più incantevoli. Cosa manca per completare il quadro?
Una porzione di frutta fresca locale, naturalmente. Così non appena mi si avvicinò il venditore messicano con i bicchieri carichi di cocco e mango non esitai a prenderne uno.
Pagai e prima di passarmi il contenitore il messicano mi disse fra un brusio e un sorriso qualcosa che non afferrai. Dato il suo stato di vigile attesa e il calore dello sguardo – nonostante non avessi capito – risposi sorridendo in modo affermativo.
Vidi che spruzzò sulla frutta della polvere e immaginai fosse cannella così lo ringraziai per la generosità. “Per tutti i fulmini” – o qualcosa di simile ma più colorito – urlai subito dopo.
Mi aveva inondato la frutta di peperoncino e mangiando la fetta di mango avevo le labbra in fiamme e la gola che bruciava. Presa dalla disperazione provai a sciacquarmi le labbra con l’acqua salata, peggiorando la situazione.
Finalmente, di nuovo correndo disperata in una spiaggia, ma questa volta senza stringere le chiappe, trovai un chiosco nel quale ordinai dell’acqua per sciacquarmi.
Mi ricomposi ma le labbra non dimenticarono mai quell’episodio da viaggiatrice.
Dopo qualche giorno trascorso in spiaggia le mie labbra si arrossano e si infiammano ancora adesso, spaventate a morte, temendo di veder ricomparire all’orizzonte la sagoma di un messicano venditore di frutta. Un episodio da viaggiatrice che ha lasciato il segno!
Colazione ammiocuggino
È così gradevole sedersi su di un tavolino all’esterno in Marocco e fare una classica colazione dolce innaffiata dal variegato sapore del tè. Questo pensammo io e la mia amica a Marrakesh quando ci accomodammo al bar la cui terrazza era illuminata dai tiepidi raggi del sole.
Ordinammo tè e msemen con marmellata. Ma non fu simpatico vedere il cameriere acquistare – con i soldi chiesti in anticipo – i dolcetti dal chioschetto di strada giusto di fronte a noi per poi servircele con l’incartamento originale, oleoso e sbrindellato.
Vederlo entrare nell’hotel di fianco e uscire con due confezioni singole di marmellata e la caraffa di tè appoggiata al vassoio macchiato e pieno di briciole.
E infine chiederci con una certa insistenza la mancia, sottolineando a più riprese che la stessa fosse “Up to you“, ovvero a nostra discrezione, pur che non fosse inferiore ai due euro a testa.
Hammam (mamia che freddo) a metà
In ogni caso in Marocco si possono fare questo tipo di esperienze esaltanti un po’ dappertutto. Incuriosita dall’hamman decisi di prenotare una serata per provare questo rituale di bellezza.
Fu perfetto sotto ogni punto di vista, a parte il finale a sorpresa. Terminato il rituale, infatti, mi mandarono via con una certa fretta perché avevano altra gente da seguire. Mi lasciarono, dopo avermi viziato e coccolato, con i capelli bagnati ad affrontare il freddo clima di gennaio.
Per fortuna avevo un berretto a coprirmi la testa e l’hotel si trovava a pochi passi. Altrimenti avrei dovuto pagare delle parrucchiere professioniste che attendevano con ansia che scegliessi quell’opzione. In fin dei costi il supplemento costava solo 60€ in più!
Episodi da viaggiatrice con i fucili spianati
Fra gli episodi da viaggiatrice più divertenti che sono solita raccontare agli amici figura la rocambolesca partenza dalla Giordania. Lì conobbi un tassista che mi pregò di scegliere lui come autista per l’aeroporto e intenerita dalla sua necessità di guadagnare accettai.
Solo che non ero a conoscenza delle consuetudini giordane: i tassisti ufficiali erano gli unici autorizzati a entrare in aeroporto per accompagnare i turisti. Gli altri dovevano fermarsi a circa un chilometro dall’edificio.
Ovviamente scoprii il fatto quando vidi rallentare il conducente e indossare un sorriso beota per spiegarmi il motivo della fermata. Non mi rimase che incamminarmi per raggiungere l’aeroporto ma al sopraggiungere vidi i poliziotti stringere i fucili e intimare di fermarmi.
Mi chiesero cosa intendessi fare, glielo spiegai. Mi dissero che potevo proseguire prendendo un autobus non appena fosse passato e io gli spiegai che avevo finito i soldi giordani e non ne avevo altri da spendere.
Mi guardarono imbarazzati e mi dissero di rimanere ferma accanto a loro ad aspettare. Bloccarono una macchina in transito per chiedere un passaggio.
Il conducente, un turco che si trovava in Giordania per affari, mi guardò come se fossi una poveraccia e non lo biasimai. Quando giungemmo in aeroporto lo ringraziai e mentre lo facevo intravidi un leggero piegamento in alto delle labbra.
In pratica stava iniziando a ridere a crepapelle ma cercava di contenersi, con scarsi risultati.
Serata di gala con AC/DC
Questo fatto avvenne nel periodo in cui lavoravo in negozio e mi ritrovai con tre giorni di ferie avanzati. Decisi di trascorrere un giorno e una notte alle terme a Montegrotto. Era la prima volta che soggiornavo in una SPA e mi sentivo elettrizzata.
La receptionist mi accolse con estrema gentilezza e mi disse di godermi la giornata perché la sera ci sarebbe stata una sorpresa per chi cenava in hotel.
Seguii il suo consiglio e la sera scesi ansiosa di sapere cosa mi aspettasse. Al massimo dell’esaltazione la signora mi fece sapere che la cena si sarebbe tenuta nella sala grande e che consisteva in una serata di gala a lume di candela.
Così mi aprì le porte del salone, prima che realizzassi il tutto, e subito si propagarono le dolci note di un pianoforte suonate dal musicista in frac. Mi sedetti al mio tavolo accerchiata da coppie vestite in modo raffinato ed elegante, agghindate e truccate a festa.
E io?
Io mi trovavo da sola, con la candelina accesa al centro del tavolo, indossando un paio di jeans e una maglietta bucherellata degli AC/DC. Aggiungere al menù una pala per sotterrarmi pareva brutto?
La casa dello scorpione
La classifica degli episodi da viaggiatrice più esilaranti la vince questa. Dopo aver trascorso due mesi in Messico, giungo in Guatemala.
Una terra colorata, ricca di storie e briosa. Apro con ansia la porta della mia casita: la residenza che mi ospiterà per un mese appare spartana ma caratteristica.
Mi trovo a San Pedro de la Laguna, nel lago di Atitlán, un luogo cantato da poeti e artisti e dalle finestre vedo i colibrì succhiare il nettare dai fiori. Mi sistemo come meglio posso togliendo i vestiti dalla valigia e posizionando i prodotti di igiene personale in bagno.
Decido di fare una doccia prima di avventurarmi a scoprire la cittadina. Entro in vasca che funge da doccia, mi lavo il corpo e i capelli e mentre canticchio una canzone percepisco una presenza oscura alla tendina della doccia.
Cosa c’era? Un bel esemplare di scorpione nero pronto ad attaccarmi con la coda inarcata. Bestemmio, risciacquo i capelli e cerco di uscire senza farmi pungere. Controllo su Google quanto sono mortali gli scorpioni in Guatemala e mi asciugo.
Sistemo dei libri nella fessura della porta giurando di non entrare mai più in bagno. L’esigenza però ha delle prospettive diverse dalle intenzioni per cui la sera mi convinco a entrare.
Sembrava sparito ma si era solo spostato sulla porta del bagno, fra gli infissi.
E così apparse e scomparve durante tutto il periodo della mia permanenza. Deciso a condividere la casa con la sua presenza che più volte si palesò facendomi sussultare a ogni visita. Non riuscii mai a prenderlo ma non perché mi dispiaceva ucciderlo, perché me la facevo sotto e temevo ritorsioni.