La recensione del libro la Danzatrice di Seul è scritta dopo aver trascorso qualche serata in compagnia di Jin, la protagonista del romanzo. La storia è ambientata in Corea attorno all’anno 1890 ed è stata scritta dall’autrice
Riassunto del libro
Non sapremo mai qual era il vero nome della ballerina perché la sua nascita non fu fra le più fortunate. Il racconto è tratto da una storia reale, ma nascosta da così tanto tempo, da non lasciarne quasi traccia.
Yi Jin è orfana di genitori, perciò viene mandata a vivere all’interno di un orfanotrofio. Troverà una donna pronta a farle da madre e altri bambini nella sua stessa condizione.
Col passare degli anni, farà la sua comparsa un prete francese in compagnia di un bambino, anch’esso solo. Entrambi conquisteranno il cuore della giovane, l’uno con le parole di un linguaggio a lei sconosciuto, e l’altro con il candore della sua anima.
Conoscerà la regina che richiederà i suoi servigi a corte, prima come damigella e poi come ballerina. Yeon, il suo amico, imparerà a suonare il daegeum, lei si scoprirà danzare leggera come una farfalla.
Il destino, però, segue piani paralleli ai nostri. Difatti, alcuni anni più tardi si ritrova a Parigi, in compagnia di un diplomatico e dovrà reinventarsi una vita o meglio trovarne una.
Perché non è semplice essere un orientale in terra europea: il divario della cultura le apparirà come un muro insormontabile, e ne soccomberà. Tornerà libera di danzare come un bruco trasformatosi in farfalla che dovrà prima imparare a stendere le ali verso il cielo.
Recensione del libro la Danzatrice di Seul
I romanzi orientali spiccano per le qualità di eleganza, compostezza e delicatezza che mancano agli autori occidentali. Usano come metro di giudizio la natura e le sue più impercettibili sfumature, riportando paragoni deliziosi e piacevoli.
Sanno anche andare però, in profondità, esaminando le pieghe più recondite del cuore rivestito di sentimenti non sempre veritieri. Jin spicca nel mondo per la sua impermanenza e fragilità; tutti la vogliono ma lei non può appartenere a nessuno, neanche a sé stessa.
Trova una via di fuga a Parigi, la terra della libertà, dell’uguaglianza e della fratellanza. Ben presto però si rende conto che non basta appropriarsi di una cultura per sentirsi a casa ma si deve aver donato prima la propria essenza. La solitudine che attanaglia ognuno di noi si fa più dolorosa nella lontananza e accresce l’incomprensione.
“Bisogna essere forti per essere liberi in qualsiasi circostanza” sembra bisbigliare il libro, “siamo fiammelle in balia del vento, pronte ad accendersi o a spegnersi per sempre”.