Cos’è l’estraneità ai non luoghi? In qualità di viaggiatori attraversiamo spesso degli spazi impersonali e privi di identità. Sono quelli che chiamiamo i non luoghi, ossia aree intermedie, quasi limbiche.
Questi luoghi sono caratterizzati dall’anonimato, dalla mancanza di relazioni sociali e da una totale standardizzazione. Svolgono perlopiù una funzione transitoria e non sono fonte di esperienze significative.
È importante comprendere come questi non luoghi influenzino la nostra percezione nello spazio urbano e quali sono le implicazioni di tale influenza sul nostro benessere psicofisico.
Estraneità ai non luoghi: le origini del concetto e le sue implicazioni
L’idea dei non luoghi è stata introdotta per la prima volta dal francese Michel Foucault, e più precisamente negli anni Sessanta, quando il filosofo ha delineato il concetto di non luoghi come spazi caratterizzati dalla mancanza di storia, relazioni sociali e identità.
In pratica, li ha tacciati come transitori e impersonali, prendendo spunto dalle stazioni ferroviarie, dagli aeroporti, dai centri commerciali e, ahinoi, anche dalle strutture ricettive.
Il concetto è stato poi ulteriormente sviluppato dal sociologo Marc Augé, il quale ha approfondito l’argomento sottolineando come i non luoghi influenzino la modernità e la condizione umana nel contesto dell’urbanizzazione e della globalizzazione.
Purtroppo, gli impatti sulla percezione dello spazio urbano sono molteplici e significativi, in quanto generano una sensazione di disorientamento e alienazione negli individui, alterandone la percezione della città e dei luoghi circostanti.
Pertanto, la presenza diffusa dei non luoghi porta a una omogeneizzazione dell’ambiente urbano, riducendo la diversità e l’identità dei vari quartieri. E con questo si riprende anche il concetto di gentrificazione, sviscerato in un altro articolo.
La massiccia presenza di spazi commerciali standardizzati e privi di personalità influenza in negativo il viaggio e l’esperienza urbana, in quanto la svaluta e riduce l’autenticità delle aree cittadine.
Non abbiamo più voglia di fare della flânerie dato che tutto si assomiglia.
Oltremodo, rappresentano una dimensione impersonale e alienante della contemporaneità, favorendo la velocità e l’efficienza a discapito della dimensione umana e dell’individualità.
La frequente interazione con i non luoghi influenza il nostro senso di appartenenza e di identità urbana e – cosa maggiormente inquietante – modifica i nostri modelli comportamentali e le nostre relazioni sociali.
Critiche, controversie e potenziali modifiche sui non luoghi
Tra le principali critiche nei confronti dei non luoghi c’è quella di favorire una standardizzazione degli spazi urbani, riducendo la diversità e l’identità dei luoghi.
Difatti, alcuni studiosi hanno polemizzato in merito all’attenzione e alla valorizzazione dei non luoghi, responsabili di portare a trascurare aree e contesti urbani che invece necessitano di riqualificazione e valorizzazione.
Altre critiche vengono mosse in riferimento al generare alienazione e isolamento nei viaggiatori, in prevalenza nelle grandi città. Ciò contribuisce ad aumentare la disconnessione sociale.
E quindi come si può agire per contrastare il fenomeno? L’architettura e il design dei non luoghi sono indispensabili. Non a caso, creano spazi urbani funzionali ed esteticamente gradevoli.
Per soggiogare l’estraneità ai non luoghi, gli architetti e i designer operano tenendo conto delle caratteristiche principali, ossia del fattore transitorietà, e progettare dunque strutture che siano accoglienti, sicure e adatte alle esigenze delle persone.
Un design accattivante influisce sulla percezione e migliora l’esperienza degli individui. Tuttavia, non ci si può fermare qui.
L’avvento di dispositivi mobili, la realtà aumentata e le piattaforme digitali hanno trasformato radicalmente il modo in cui interagiamo con l’ambiente circostante.
Per esempio, le mappe digitali e le applicazioni di navigazione hanno modificato le nostre abitudini di spostamento. Nondimeno, influenzano la nostra percezione sulle distanze e sui percorsi urbani.
Senza considerare che le tecnologie digitali amplificano la dimensione virtuale dei non luoghi, offrendo nuove modalità di esperienza e di fruizione degli spazi urbani.
A conti fatti, il fenomeno rappresenta un aspetto allarmante da valutare anche nel futuro. E come? Per mezzo di analisi del suo impatto sulla vita quotidiana e sull’identità urbana.