L’ultimo viaggio di Émile sui Pirenei francesi è una storia senza ritorno, poiché il protagonista è in procinto di lasciare questa vita. Il suo quadro clinico non lascia scampo: Alzheimer precoce.
Così decide di partire per un ultimo viaggio on the road non prima di aver acquistato un camper e di aver scritto un annuncio di ricerca per un compagno di viaggio.
Il messaggio dell’annuncio è alquanto evocativo e recita: “Cercasi compagno/a di viaggio per un’ultima avventura”. Convinto che nessuna persona sana di mente risponderebbe mai all’annuncio, si appresta ad avventurarsi da solo.
E invece, insospettabilmente, qualcuno risponde al suo messaggio. Si tratta di una ragazza, Joanne, la quale forse percepisce lo stesso desiderio di fuga.
Si ritrovano e partono, entrambi sospettosi, per scoprire dove li porterà questo viaggio. Perché i viaggi inaspettati sono quelli che offrono i migliori auspici.
Fare un ultimo viaggio poiché costretti
Nell’immagine di copertina, ho usato un fiore emblematico: il soffione. Si tratta del tarassaco, una pianta che segue un’evoluzione interessante. Dapprima nasce come corpo verde, poi si compone di petali giallo brillante e infine in soffione.
Quando assume la forma di soffione, la pianta diventa il simbolo della vita. Ognuno di noi, per seguire il proprio cammino, deve staccarsi da tutto ciò che lo tiene ancorato, e spiccare il volo per andarsi a posare in un suolo più affine al nostro io.
In questo frangente, dobbiamo abbandonare anche le nostre paure, le quali altrimenti fungerebbero da peso e non ci permetterebbero di andare dove vogliamo.
Lamentarsi non serve a nulla; poiché non c’è libertà nelle parole che non conducono verso la nostra autentica vocazione. Il soffione non ha paura di lasciare i suoi ombrelli, bensì li lascia sfuggire, poiché è sicuro che stanno seguendo la loro natura.
Si tratta di una metafora ricca di fascino e di verità. Quanti di noi riescono a essere dei soffioni nell’aspirazione della loro identità? Sono in pochi a poter vantare tale audacia. Per la maggior parte è più semplice nascondersi al riparo del rancore e dell’autocommiserazione.
Serve coraggio, forza e desiderio per agguantare i propri sogni, così come ne vuole per abbandonare una vita. Il protagonista del libro Émile, e la sua compagna Joanne, mettono in evidenza questo messaggio. E il loro viaggio diventa un riverbero di vitalità e di valore.
Tutto il blu del cielo di Mélissa Da Costa
Il libro a cui faccio riferimento è “Tutto il blu del cielo” scritto da Mélissa da Costa e tradotto da Elena Cappellini. La storia è già stata narrata in parte all’inizio dell’articolo, e non voglio addentrarmi nei particolari, così da non svelarne i contenuti.
L’aspetto più interessante però è la metafora del viaggio, usata spesso come simbolo di trasformazione, quando a volte invece, si interfaccia come un rifluire o un lasciare andare.
Non sempre una vacanza ha una valenza di miglioramento, poiché ci vuole una predisposizione per accogliere i messaggi. Spesso, è un modo per riposarsi e vedere nuovi scenari.
Così come il libro si può leggere in differenti strati di comprensione, la vacanza può essere fatta con uno spettro di intensità differenti. Per fare un semplice esempio, ti voglio raccontare un aneddoto.
Quando ho fatto il mio primo safari in Kenya, sono stata travolta dalle emozioni perché non mi sarei mai aspettata di vivere una simile avventura.
Al contrario, la mia compagna di viaggio ha visto il tutto come qualcosa di noioso e poco stimolante. “Pensavo meglio” fu il suo commento, e mi lasciò basita.
Al contempo, fu un insegnamento. Capii che senza la curiosità e senza alcun entusiasmo, è difficile sovrastare la piattezza della quotidianità.
Anche in questo ci vuole baldanza, e la capacità di lottare affinché la vita non diventi priva di tonalità ed espressione. Perciò, non aspettare che sia troppo tardi per inseguire i tuoi sogni, bensì combatti ogni giorno per ritagliare nella tua esistenza, per quanto grigia, un lembo di spensieratezza. Da lì potrai volare leggero al pari del soffione.