Articoli

La gentrificazione è un processo secondo cui una città viene spogliata del suo aspetto originale per ospitare l’afflusso dei turisti. Si riconosce sempre più nei quartieri delle grandi città o nei centri storici dove le abitazioni sono concesse a uso esclusivo dei vacanzieri.

Chi possiede una casa, possiede un tesoro

 

Questo è il motto che negli ultimi anni ha dato vita al fenomeno della gentrificazione. La parola fu coniata da Ruth Grass, una sociologa inglese che nel 1964 cercava di descrivere la situazione del quartiere operaio di Islington a Londra, il quale vedeva crescere l’acquisto degli immobili da parte del ceto agiato.

Il vocabolo gentrification così com’è nato in inglese, è formato da gentry che significa ‘piccola nobiltà’ e il finale -fication che indica un accentramento del termine principale.

Qual era l’obiettivo delle acquisizioni? Quello di riqualificare e rimodernare un quartiere vetusto e grigio attraverso un fiume continuo di investimenti per renderlo più appetibile e alla moda.

Una volta raggiunto lo status di moderno poteva passare ai turisti, i quali avrebbero soggiornato da locali nella zona più rinomata della città.

Dato il successo dell’opera, l’iniziativa prese piede in tutto il mondo e soprattutto nelle metropoli mondiali, creando dei quartieri inaccessibili agli abitanti del posto ma a pieno usufrutto dei vacanzieri.

Da gentrificazione a turistificazione

 

Se da una parte i turisti possono esultare, da un’altra soggiornano in una bolla preconfezionata. Vivono in una sorta di villaggio turistico urbano in cui si concentrano locali, negozi e attività a misura del viaggiatore.

Per vedere il vero tessuto urbano sono costretti a spostarsi nei quartieri nascosti, basti pensare a Venezia e ai suoi vicoletti che paiono disabitati, per assaporare la reale vita cittadina.

 

arco di trionfo a Innsbruck e la gentrificazione

LA MIA ESPERIENZA

È successo anche a me di vivere un’esperienza di gentrificazione durante il mio soggiorno a Budapest. L’appartamento che avevo affittato si trovava nei pressi del centro storico.

Al primo sguardo, appariva come un quartiere vivace ma osservandolo da vicino si notava come ogni dettaglio fosse preparato per accogliere il turista di passaggio.

Piccoli supermercati con prodotti di marche internazionali, ristoranti di cucina tipica ungherese e negozi di souvenir con le chincaglierie più richieste dai turisti.

Nell’accorgersi del fenomeno ci si sente come imbrogliati. Si paga un biglietto aereo per essere presi in giro? Il problema è molto profondo e radicato e noi ne siamo la causa.

Chiedendo una continuità del nostro vivere al di fuori dei confini nazionali, non facciamo altro che incrementare la tendenza a rendere familiare ogni luogo del mondo.

Dovremmo imparare a richiedere l’originalità, ricercare il genius loci e perderci nella flânerie per comprendere l’essenza di una città. Ci vantiamo di essere viaggiatori e non turisti, senza accorgerci che in realtà c’è già chi ha scelto chi dobbiamo essere.