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Il borgo di Salci in Umbria è posizionato su di una collina a 343 metri ed è una frazione di Città della Pieve in provincia di Perugia. La sua particolarità è quella di essere diventato un borgo abbandonato i cui edifici stanno lentamente perdendo pezzi.

Molteplici motivi, confusi e poco chiari, hanno privato il borgo dei suoi abitanti che cercano disperatamente di riportare in vita i loro ricordi e la loro identità.

Il borgo Salci in Umbria dimenticato

 

Francesco Perrini, amministratore della Società proprietaria del Borgo e del Castello di Salci in Umbria, in un’intervista al Comune di Città della Pieve nel 2015 ha raccontato le vicissitudini relative al borgo.

Nel 1975 ricevemmo una proposta di acquisto da parte di una società americana e a Salci vivano circa 20 abitanti. Alcuni residenti di Salci fecero una campagna di opposizione e l’affare andò a monte.

Negli anni ‘80 rimasero in dieci tra cui quattro famiglie residenti a Roma. Decisi di dare lo sfratto lasciando tre famiglie. Dopo aver subito otto furti di bestiame e tre furti importanti al Castello, decisi di installare cancelli alle strade vicinali (erano private) e di assumere guardie giurate per vigilare sui beni dell’azienda.

Verso gli anni ‘90 penso a una grande Azienda Turistico – Venatoria, vinco i fondi europei per fare restauri al grezzo e inizio i lavori. Presento la prima domanda, la pratica è approvata, manca la ratifica della Giunta. Sollecito e va in fumo. Decido di vendere tutto ma è difficile trovare dei compratori. Troppi costi ma soprattutto troppi ostacoli”.

 

Salci in Umbria

 

Ma pur sempre amato

 

Ma chi non dimentica il borgo sono proprio le persone che ci hanno vissuto. Prima con la nomina sostenuta da Carlo Verdone per i “Luoghi del Cuore” della Fai e poi pubblicando l’anno scorso un libro di memorie.

Lo scorso novembre è stato presentato il libro “Salci nel ricordo dei suoi abitanti”, una raccolta di ricordi, pensieri, immagini e non solo patrocinato dalla Regione Umbria.

La realizzazione è merito di un’idea nata anni fa da un gruppo di studenti dell’Istituto Professionale per i Servizi Commerciali di Città della Pieve e ha trovato subito un grande riscontro dagli amanti di Salci.

La speranza è che l’attenzione rimanga sempre vigile e che la situazione prima o poi si sblocchi in tempo, affinché il declino del borgo non diventi inesorabilmente devastante.

Profetiche sono le tre porte posizionate nel secondo cortile. Presentano la scritta: Paradiso, Purgatorio, Inferno. Da quale porta passerà il destino di Salci in Umbria?

 

Per approfondire l’argomento e vedere il borgo di Salci da una prospettiva diversa Lucia Tremiti ha pubblicato su Amazon l’ebook “Salci, la fata di Vinco e le tre mele magiche”, perché come ha scritto lei stessa: “Esca dal profondo silenzio in cui è caduto e un “principe” lo faccia rivivere.

 

Un altro libro su Salci è Pisse di Maria Enrica Baglioni, cresciuta nella casa chiamata appunto “Pisse” e dimora delle vicende familiari semplici e genuine di una volta. Per riscoprire i valori di un tempo, oggi accantonati, che insegnavano alle persone la solidarietà, l’unità e la complicità.

Padova antica città d’acqua? Eppure fino a poco tempo fa Padova antica poteva vantare una riviera paragonabile a quella del Brenta. Fu solo negli anni ’50 e con l’incremento sconsiderato del boom edilizio che perse la sua antica identità per acquisire quella nuova di “città del Santo”.

Ma non solo, Padova è conosciuta per l’Università, per la Cappella degli Scrovegni, per il caffè Pedrocchi, per la piazza delle Erbe e molte altre attrattive. Quindi, iniziamo con ordine e scopriamo il passato di Padova antica, quando era considerata una città d’acqua.

Le origini della Padova antica

 

Se potessimo andare a ritroso nel tempo, durante il periodo della Serenissima, quando Venezia era una delle potenze marinare più invidiate al mondo, scopriremmo che Padova è stata un punto di snodo commerciale molto importante.

La sua fortuna fu in maggior parte dovuta all’intersezione di due fiumi importanti: il Bacchiglione e il Brenta. Il primo permetteva il trasporto di materiale come roccia e silice dai colli euganei, mentre il secondo favoriva il trasporto del legname direttamente dall’Altopiano dei Sette Comuni.

Le merci attraversavano la Riviera del Brenta, in cui si trovavano le ville dei patrizi veneziani, fino a giungere sul Canal Grande nella Repubblica di Venezia.

Per cui Padova, officiando della presenza dell’acqua, aveva costruito una serie di mulini e di chiuse che creavano dei quartieri ben definiti in cui si alternavano i vari artigiani.

 

Padova antica: mura difensive lungo il Piovego

Mura difensive lungo il Piovego

 

Scoprire Padova

 

LA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI

Arrivando dalla stazione dei treni si dovrà superare Corso del Popolo per giungere al prezioso lascito del pittore Giotto: la Cappella degli Scrovegni.

Si tratta di una cappella affrescata dal maestro toscano nel ‘300 in cui illustra tre temi principali:

  • gli episodi della vita di Gioacchino e Anna;
  • alcuni episodi della vita di Maria;
  • gli episodi della vita e morte di Cristo.

Sotto a questi riquadri sono esposti degli affreschi che illustrano le allegorie dei Vizi e delle Virtù. La cappella faceva parte di un castello che è stato completamente distrutto dall’antico proprietario. La stessa doveva fare la medesima fine ma grazie all’intervento della città, si salvarono le opere e divenne proprietà del Comune di Padova.

 

MUSEI CIVICI EREMITANI

Un altro sito di notevole importanza storica sono i Musei Civici Eremitani che espongono reperti romani e pre-romanici e opere d’arte risalenti ai secoli XIV fino al XVIII. Vicino si trova la Chiesa degli Eremitani eretta nel 1276 che conserva alcune opere del Mantegna.

I Musei civici Eremitani di Padova raggruppano il Museo archeologico e il Museo d’arte medioevale e moderna. Dal 1985 sono ospitati nei chiostri dell’ex convento dei frati eremitani e custodiscono il preziosissimo crocifisso di Giotto.

Il quale fu costruito fra il 1303 e il 1305 su una tavola di pioppo con oro e tempera, dalla dimensione di 223 X 164 cm e proviene dalla Cappella degli Scrovegni. È una rappresentazione stilistica nuova, in quanto la figura del Cristo risulta con il corpo verso il basso, gravato dal suo stesso peso.

 

caffè pedrocchi

Il retro del Caffé Pedrocchi e le sue varie architetture

 

CAFFÈ PEDROCCHI

Una tappa al salotto della città è d’obbligo! Sto parlando del famoso Caffè Pedrocchi che deve la fama all’abilità del suo fondatore, il bergamasco Francesco Pedrocchi.

La sua idea era quella di creare uno spazio ricreativo culturale e intellettuale nella Padova antica in cui i viaggiatori, i commercianti, i militari, gli studenti e gli accademici potessero incontrarsi.

In quest’ottica diede vita al Caffè Pedrocchi nel 1831 pensato per essere aperto 24 ore su 24, conferendo così a Padova antica la fama di  “città senza porte“.

Ma l’idea rivoluzionaria fu di lasciare il locale aperto a tutti, anche a chi non poteva permettersi una consumazione. A tutti i clienti, infatti, veniva servito il quotidiano e un bicchiere d’acqua, sia che consumassero o meno. Ancora oggi chi prende un caffè al banco può sedersi nella Sala Verde senza che nessun cameriere possa richiedere un supplemento.

Più tardi, il figlio Antonio ereditò il locale e si preoccupò di acquistare tutti i palazzi adiacenti, creando così una specie di isola nella quale l’avventore poteva rinchiudersi e trovare in esso un rifugio sicuro.

I clienti abituali erano soliti consumare la specialità del locale: il Caffè Pedrocchi ovvero una gustosa bevanda al caffè arricchita da un dolce strato di menta. Questa usanza è rimasta intatta nel tempo anche se la si accompagna all’aperitivo veneto per eccellenza.

Quasi fosse il richiamo del muezzin, all’ora dell’aperitivo la comunità padovana si riunisce a bere lo Spritz e chi lo preferisce, può sorseggiare l’ultima novità, chiamata P31 Green Spritz.

Si tratta di un aperitivo composto da oltre 20 erbe officinali e aromatiche a cui si legano le fresche note dell’Assenzio a cui si aggiungono Prosecco, seltz, ghiaccio e lime.

 

lungo il piovego abitazioni padovane

Padova antica e moderna

 

PALAZZO BO

Da piazza Garibaldi si continua fino a raggiungere Palazzo Bo, sede dell’Università di Padova. Il nome deriva da una locanda aperta da un macellaio, chiamata Hospitium Bovis, con l’insegna di un bucranio, una testa di bue, ancora oggi simbolo dell’Università. Il “bo“, infatti, nel dialetto veneto significa proprio bue, ed era il simbolo della corporazione dei macellai.

Furono un gruppo di studenti dell’antica Università di Bologna a dare vita a questa sede nel 1222 per avere maggiore libertà di azione e di studio. Si trova il più antico Teatro Anatomico al mondo e si può visitare il pulpito da cui insegnava Galileo Galilei nell’Aula Magna.

In questa università si laureò in teologia anche la prima donna al mondo, tale Elena Lucrezia Cornaro, che dovette combattere affinché la Chiesa riconoscesse il suo titolo. Ancora oggi in questo edificio si tengono le lezioni ed è sede del rettorato.

 

università di padova

 

 

PALAZZO DELLA RAGIONE

Le piazze principali della città sono due: piazza delle Erbe e piazza dei Frutti. Si può già immaginare dal nome la dislocazione dei vari commercianti che persiste nel tempo.

A dividerle il maestoso Palazzo della Ragione, sede giudiziaria della Padova antica medievale carrarese, realizzato tra il 1238 e il 1239 e che conserva l’imponente cavallo ligneo, capolavoro del Donatello.

Sotto, ancora oggi sopravvive il mercato coperto, in cui si trovano i macellai e i pescivendoli. Al sabato è consuetudine per i padovani consumare una porzione di polpo lesso, cucinato secondo la migliore tradizione padovana.

Opposto al Palazzo della Ragione c’è il quartiere ebraico, dove vennero rinchiusi secondo un decreto della Repubblica della Serenissima, gli ebrei che vivevano in città. La sera veniva chiuso il portone e non potevano né entrare né uscire.

Oggi la zona è frequentata soprattutto nell’ora dello Spritz dagli universitari che si riversano nelle numerose osterie per consumare qualche “cicchetto”.

Vicino alle piazze si possono visitare la Loggia del Consiglio o della Gran Guardia, sede del comando militare austriaco e la piazza dei Signori con la famosa Torre dell’Orologio, in cui sono raffigurati i segni dello zodiaco.

Ma se guardi attentamente, ti accorgerai che manca il segno della Bilancia! Per quale motivo?

Secondo alcune fonti si ipotizza che l’artista non fu pagato dal committente e che abbia deliberatamente “dimenticato” il segno, simbolo tra l’altro di giustizia. La collocazione dello stesso rimane tuttora avvolto dal mistero.

 

stand dei folpi, la folperia

 

 

PRATO DELLA VALLE E DINTORNI

Più spostati rispetto al centro storico si trovano vicini l’uno all’altro Prato della Valle, la Basilica di Sant’Antonio da Padova e l’Orto Botanico.

La geometria della piazza di Prato della Valle è alquanto insolita ed è una fra le più estese in Europa (al primo posto figura la piazza Rossa di Mosca). Risale alla fine del XVIII secolo ed è un’isola ellittica centrale, chiamata isola Memmia.

È circondata da una canaletta artificiale alimentata dal canale Alicorno. Lo stesso è sormontato da un doppio anello di statue di stile rinascimentale, con una circonferenza esterna di 1450 metri.

La sua bellezza è impressionante e l’alternanza di statue, prato e piante, la fanno sembrare viva e in movimento. Da Prato della Valle si scorge sullo sfondo la Basilica di Sant’Antonio da Padova, in cui riposano le spoglie dell’omonimo santo originario del Portogallo.

Ogni anno viene visitata da circa 3,5 milioni di fedeli che arrivano da tutto il mondo per poter pregare da vicino il proprio santo protettore. Nella piazza del Santo, antistante, si trova il monumento equestre Gattamelata, opera di Donatello.

All’interno della Basilica, sull’altare maggiore, il costruttore Camillo Boito ha sistemato sculture bronzee, statue e formelle di varie dimensioni sempre di Donatello.

A qualche centinaio di metri di distanza da Prato della Valle si trova infine il Giardino Botanico, uno dei più antichi al mondo e considerato Patrimonio dell’UNESCO.

 

Non puoi andartene da Padova antica senza conoscere le avventure di un personaggio alquanto caratteristico: