Viaggiare leggeri è un modo di essere, di girare il mondo e di esprimere la propria personalità e le mille sfaccettature del carattere. L’insegnante di leggerezza è una ragazza che ha vissuto a metà degli anni Cinquanta e che decise di girare il mondo con una sacca, senza soldi e molta tenacia.
Oggi pare quasi un’avventura normale ma l’idea patriarcale che gli uomini avevano nei confronti delle donne non permettevano ai quei tempi questo genere di avventure.
Katharina Von Arx
La nostra eroina era arcistufa dei preconcetti maschilisti e si annoiava a morte nei circoli letterari viennesi. E pensare che aveva lasciato una sonnacchiosa provincia svizzera per trasferirsi nella gloriosa città teutonica con la speranza di vivere trepidanti serate.
E invece, ancora una volta, era rimasta delusa dalla prepotente immagine maschile che imperava anche negli ambienti in cui viene richiesta una certa dose di estro e sensibilità.
Le sue parole furono, se vogliamo, ancora più esasperate:
“Le donne potevano avere talento, ma non genio. Per noi donne la cosa non aveva nessun senso, visto che non c’era la più pallida speranza di diventare un Michelangelo; perché Michelangelo era un uomo. Uomini, uomini… sempre e solo uomini”.
Decise così di partire in cerca di nuovi orizzonti che le aprissero spazi in cui muoversi finalmente libera. Scelse l’India dove approdò carica di energia, speranze e curiosità.
Il viaggio
La comunità indiana, però, non poteva certo marchiarsi di essere aperta al mondo femminile, ma anzi piuttosto ligia alle credenze popolari e ai pregiudizi antiquati.
Sì trovò, ahimè, in situazioni paradossali per scansare pretendenti che volevano approfittare della sua solitudine e libertà. Viaggiare leggeri, a quanto pareva, assumeva significati diversi in base alle persone che incontrava.
Per lei significava togliersi di dosso una zavorra sociale che non la faceva respirare, per il sesso maschile – ma anche un alta percentuale di donne – indicava disponibilità e libertinaggio.
Sembra quasi parafrasare il libro di Milan Kundera “L’insostenibile leggerezza dell’essere” in cui mette in contrapposizione le diverse vedute mentali sul concetto di leggerezza.
Neanche cambiare stato la aiutò a eliminare tutte le avances a cui era sottoposta, perché anche se il terreno appare diverso in base alla coltura, non è detto che sia mutato il lavoro del contadino.
Attraversò l’Egitto, l’India, la Cina, il Giappone e le idee non cambiavano sostanza, trasformando solamente la forma in cui venivano velatamente espresse.
Infine, approdò in America dove ritrovò un po’ di pace ma anche la stanchezza di un lungo viaggio che le aveva comunque lasciato qualcosa. Un sogno realizzato grazie a una fuga, un modo per dimostrare agli uomini che l’essere donna nasconde un universo di libera consapevolezza.
Conclusioni del viaggiare leggeri
Sono passati quasi 70 anni dalla stesura del libro e ho ritrovato molte assonanze con il mondo moderno. Ho dovuto schivare anch’io, più volte durante un viaggio, delle proposte indesiderate da parte degli uomini.
Pare quasi che il solo fatto di viaggiare libere implichi automaticamente anche una certa disponibilità amorosa. Quello che gli uomini non sanno, o fingono di non capire, è che il viaggiare in solitudine non significa muoversi per cercare qualcuno.
Si tratta di un viaggio introspettivo e personale, atto ad abbattere le sovrastrutture sociali a cui noi donne dobbiamo silenziosamente obbedire.
Un modo per evadere dalla pesantezza del pensiero maschile che soffoca e indebolisce. Quindi uomo, quando vedi una donna viaggiare leggera, in solitaria, non pensare che cerchi solo compagnia ma lasciala fare il suo ballo. Se avrà desiderio di un cavaliere sarà lei stessa a chiedertelo.
Se vuoi leggere il racconto lo trovi a questo link: