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Nei secoli l’evoluzione del pellegrinaggio ha virato dall’introspezione alla condivisione seguendo la naturale curvatura della comunità. La diffusione di internet ha apportato cambiamenti non solo nella società, dunque, ma anche nell’espressione della spiritualità personale.

Essa non viene più vista come qualcosa di intimo ma di virale. I nuovi pellegrini si raccontano attraverso i canali social descrivendo attimo per attimo la loro esperienza mistica.

 

Walk - evoluzione del pellegrinaggio

 

L’origine del pellegrinaggio

 

La parola pellegrino deriva dal latino e significa “straniero”. In origine indicava colui che decideva liberamente di allontanarsi dalle convenzioni sociali per diventare un essere nuovo, pronto ad assorbire ciò che il cammino gli avrebbe presentato. 

Rivoluzionava la propria identità trasformandosi in un individuo scevro da ogni pregiudizio al fine di accogliere gli insegnamenti ricevuti dall’avventura.

Lasciava, quindi, l’animo aperto, desideroso di attingere nuove informazioni ed esperienze affinché queste potessero, in qualche modo, curare un malessere radicato nel profondo. Era anche un curioso in cerca di stimoli che lo facessero avvicinare a Dio con segnali e coincidenze da captare e decifrare lungo il cammino.

Il pellegrino cristiano era conosciuto con il nome di “romeo” prendendo il nome dalla famosa strada romea che collegava Roma alla Terra Santa ed era considerato un personaggio simbolico.

Non era raro vederlo attraversare villaggi e paesi con delle calzature consumate ma attorniato da un’aurea di sacralità e rispetto. Per questo molti lo ospitavano nei fienili rifocillandolo almeno per una notte. 

La sua era come una chiamata che giungeva inaspettata e rappresentava un pezzettino di anima selvaggia che reclamava libertà. In letteratura molti scrittori, come H. Hesse con Narciso e Boccadoro, hanno cercato di raccontare il pellegrino seguendo, ognuno, il proprio punto di vista.

Grazie a questi racconti la figura del pellegrino è rimasta indenne nel tempo fino a quando non si è sviluppata nel web una sorta di esposizione mediatica marcata.

L’evoluzione del pellegrinaggio 

 

Se un tempo le esperienze personali venivano vissute più nell’intimità che nel pubblica conoscenza oggi la situazione si è completamente rovesciata. Assistiamo con maggiore frequenza a un resoconto giornaliero di giovani e meno giovani che partono in viaggio.

Il cammino di Compostela è andato nel tempo arricchendosi di cellulari e videocamere pronte a immortalare i passi dei nuovi pellegrini. L’esperienza viene condivisa sui social come se fosse troppo importante per tenerla con sé.

Cresce la necessità di esprimere i propri dubbi, pensieri o difficoltà a un numero sempre più crescente di persone. Ciò che prima si risolveva all’interno ora viene proiettato verso l’esterno.

Vuol dire che la spiritualità va spegnendosi?

Io credo che la spiritualità sia qualcosa di talmente personale da non poter essere soggetta a pareri esterni. Potrebbe trattarsi di qualcuno che nutre la necessità di raccontarsi per eliminare sovrastrutture psichiche che lo ingombrano, oppure che decida di condividere agli altri affinché ne assorbano l’utilità.

Essendo diversi non possiamo uniformarci e questo è un dato di fatto. L’importante è comprendere la spinta del muoversi, quella scintilla che per un attimo ci ha fatto riflettere sulla vita e sugli obiettivi da raggiungere. 

Forse era tempo di fermarsi e di cercare dentro una spiritualità che pareva cancellata ma, in realtà, era solo offuscata dalla ricerca sbagliata verso la materialità. 

I luoghi di pellegrinaggio

 

Nel mondo troviamo diversi luoghi considerati meta di pellegrinaggio tanto che le agenzie di viaggio ne hanno fatto un filone a parte. In Italia la più importante è la via Francigena mentre in Europa rimane il cammino di Santiago de Compostela.

Considerando invece i monumenti sacri possiamo elencare:

  • la Mecca
  • Gerusalemme
  • Lourdes
  • Medjougorie
  • la Palestina

In base alle differenti religioni, invece, troviamo altre forme di pellegrinaggio come il Junrei in Giappone che consiste nel visitare alcuni templi entro un termine stabilito.

Cambiano le forme ma rimane la sostanza nell’evoluzione del pellegrinaggio: una ricerca del divino all’interno di noi stessi attraverso segnali provenienti dall’esterno, come se volessimo riempire un vuoto per non sentirne più il perpetuo richiamo e dolore.

Leggende del Piave: un fiume caro alla Patria che è stato dimenticato, sfruttato e completamente stravolto dal suo stato naturale. Percepisco un legame ancestrale con l’acqua: ogni volta che mi avvicino è come se volesse parlarmi per raccontarmi una storia che si è persa nello scorrere del tempo.

Così, di solito, accosto l’orecchio al gorgoglio del suo passaggio fra le rocce e rimango in ascolto. Ho udito le leggende che il Piave un giorno mi ha sussurrato e ho deciso di raccontartele.

Leggende del Piave: la Rododesa

 

Sono venuta a conoscenza di una figura femminile silenziosa e affascinante che percorre le rive del Piave senza che anima viva la possa fermare né, tanto meno, incontrare.

Si chiama Redodesa e non si muove da sola ma in compagnia dei suoi dodici figli, i Redodesegoti. A sentire la tradizione sembrerebbe che la dodicesima notte fra Natale ed Epifania, ovvero il 5 gennaio, attraversi il Piave per andare a controllare le case della gente.

L’acqua, sempre minacciosa, in quel momento si cheta per lasciare libero il passaggio alla donna e sulla riva spuntano dei fiori profumati che, se raccolti, portano fortuna tutto l’anno.

Dove va Rododesa?

Passa di casa in casa affinché siano in perfetto ordine prima di festeggiare l’Epifania e controlla che la canapa, la lana e il lino siano stati filati entro l’anno vecchio.

E se così non fosse?

Punizioni e malevoli presagi si abbatteranno in quell’abitazione portando i semi di una sventura ma se sarà tutto in ordine la casa sarà sotto la sua protezione e difesa da una benedizione.

 

idromanzia

 

Idromanzia

 

Il Piave era un luogo perfetto per praticare l’idromanzia. Sassi ce ne erano in quantità e bastava cercarli per trovare i 3 adatti allo scopo. Uno doveva essere rotondo, l’altro quadrato e il terzo triangolare.

Venivano lanciati in acqua secondo questa sequenza e in base alla formazione dei cerchi concentrici si procedeva a leggere il risultato della divinazione. A svolgere tale attività erano le zobie o zobiane, il nome veneto delle streghe, da cui deriva anche il nome per giovedì (zobia, appunto).

Era anche il momento perfetto per compiere la sabba, gli incontri fra streghe, dove venivano eseguiti sortilegi e pratiche magiche intorno al calore di un falò.

Il Piave se le ricorda ancora quelle streghe perché lui le proteggeva dalla vista degli intrusi e allontanava chi, per caso, si trovava a passare da quelle parti, animali compresi.

 

Quercia nelle leggende del piave

 

Leggende del Piave: la quercia del Montello 

 

Il Montello è un luogo abitato da esseri magici che si nascondono fra le cavità carsiche, gli anfratti delle rocce e i buchi creati in modo naturale nelle cortecce degli alberi.

Il portale da cui entrano ed escono è una quercia secolare e segna il punto di confine fra il mondo fatato e quello degli uomini. La pianta ogni anno combatte la sua battaglia contro l’agrifoglio per passare il testimone dell’anno vecchio a quello nuovo e viceversa.

Grazie a lei, gli animali qui si avvicinano e si nascondono cercando nutrimento e pace. Fra quelli avvistati si segnalano: serpenti, uccelli, cervi, nutrie, insetti, pesci, eccetera.

Ognuno di loro protegge il suo spazio personale senza entrare in conflitto con l’altro. L’uomo questo non lo sa o, forse, se lo è dimenticato, oberato com’è da futili e confusi pensieri.

Ma non è un problema perché ci pensano le ninfe lavandaie a pulire i panni macchiati dalle colpe degli uomini mentre le fate buone preparano il miele a chi saprà essere dolce tanto quanto quel cibo.

Lo spirito Massariol, invece, si diverte a far perdere la tramontana a chi attraversa il Montello, impedendogli di trovare la via di uscita. Le fate dai piedi caprini, infine, vanno a bagnarsi sulle rive del Piave, nascondendosi non appena sentono avvicinare una qualche presenza estranea.

La pace per due capponi

 

Il fiume nasce al confine con il Friuli Venezia Giulia sul monte Peralba e sfocia sul mar Adriatico e più precisamente a Cortellazzo, una frazione di Jesolo.

Due comuni nel veneziano sono divisi dal Piave: uno è San Donà di Piave e l’altro è Musile di Piave. Anticamente erano dei villaggi rurali che nulla avevano a che fare l’uno con l’altro, fino al giorno di una terribile alluvione.

Fu talmente violenta da ridisegnare completamente i confini territoriali. La chiesa di san Donato prima sulla riva sinistra si ritrovò sulla riva destra entrando a far parte, involontariamente, della diocesi opposta.

I cittadini di san Donà si ritrovarono così senza patrono e ne furono sconvolti. Si rivolsero allora agli abitanti di Musile per poter festeggiare il loro santo e mantenere il nome del villaggio a lui dedicato.

In cambio avrebbero onorato il santo all’interno della chiesa passata sotto la giurisdizione di Musile previo pagamento annuale di due capponi belli sodi e in salute. Quasi ogni anno i due paesi riportano in auge l’usanza onorando il patto di amistà che fu stipulato in quell’occasione.

La Piave

 

Fra le leggende del Piave fa capolino anche la storia dell’articolo cambiato da femminile a maschile dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Insignito come “Fiume Sacro alla Patria”, fu testimone della battaglia contro l’avanzata austro-ungarica a seguito della disfatta di Caporetto.

I soldati italiani riuscirono in una missione impossibile proprio lungo la linea delle sue acque segnando la fine della controversia e la vittoria sul fronte.

A lui fu dedicata una canzone scritta da Giovanni Gaeta che fu l’inno nazionale italiano dopo la marcia reale dal 1943 al 1946, poi sostituito dall’Inno di Mameli.

La vittoria fu così eclatante che meritava, secondo Gabriele D’Annunzio, un nome altisonante il quale rendesse onore alla forza maschia e alla tenacia dei soldati. Si decise di apporre l’articolo maschile al posto del femminile, togliendo, però, il suo senso originale di nutrimento e fertilità.

***

 

Le ultime parole che il Piave quel giorno che mi bisbigliò, prima di tacere per sempre, furono le stesse pronunciate in un articolo dal giornalista Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera:

 

“Piave, fiume simbolo del coraggio, dell’eroismo, del patriottismo degli italiani.

Fiume simbolo, oggi, della loro cecità”.

 

Ha ragione il Piave nel sostenere che l’abbiamo dimenticato?

Anche noi viaggiatori abbiamo i nostri protettori dei viaggi a cui affidare la buona riuscita di una vacanza. Vuoi sapere chi sono?

Si tratta di nomi noti e meno conosciuti che fanno parte delle differenti culture del mondo. D’altronde, da viaggiatori, dobbiamo affidarci a visioni diverse, non credi?

Protettori dei viaggi

 

Il Santo Patrono dei viaggiatori, degli automobilisti e dei viandanti è San Cristoforo. La storia della sua vita ha due versioni: una orientale e l’altra occidentale. Secondo la leggenda orientale San Cristoforo aveva un aspetto animalesco mentre il corpo era quello di un gigante.

Faceva parte dell’esercito imperiale ma, a seguito di una chiamata, si converti nel cristianesimo. Ciò lo fece diventare bersaglio di vessazioni e torture da parte dei suoi colleghi.

Furono due donne a intervenire in suo favore, assoldate per farlo tornare in sé, in realtà anch’esse si abbandonarono al culto. Per questo motivo venne decapitato e le donne subirono lo stesso atroce trattamento.

La versione occidentale vede invece, San Cristoforo in veste di traghettatore. Un giorno se ne stava nei pressi del fiume Licia quando arrivò un bambino chiedendogli di essere trasportato dall’altra parte della riva. 

L’uomo se lo caricò sulle spalle ma a mano a mano che procedeva il peso del bambino diventava sempre più insostenibile. Quando giunse sulla riva opposta il piccolo gli disse: “Grazie per il passaggio, con questo gesto ti sei accollato, senza saperlo, tutto il peso del mondo”.

Quel bambino, infatti, si rivelò essere Gesù e sopraffatto dalle sue parole lo seguì, si fece battezzare e proferì il verbo. Questa fu la causa del suo martirio.

Il Santo si festeggia il 25 luglio in Occidente e il 9 maggio in Oriente. Rappresenta i viaggiatori nel suo peregrinare portando i valori in cui crede appresso.

Sant’Antonio da Padova, invece, rappresenta i viaggiatori che hanno perduto la meta. Quelle persone che si spostano senza alcuna motivazione perché non credono più in nulla.

Il nome vero del santo è Fernando de Bulhoes originario di Lisbona. Viaggiò in Africa e in Europa terminando la sua vita a Padova. Lui però era già conosciuto come santo grazie alle numerose opere di guarigioni.

Anche l’arcangelo Raffaele è protettore dei viaggiatori, i quali per auspicare il buon esito di una vacanza possono recitare questa preghiera:

 

“San Raffaele Arcangelo, protettore di tutti i viaggiatori, accompagnaci con le tue legioni angeliche e liberaci dalle trappole delle potenze delle tenebre. Quando viaggiamo proteggi noi, insieme a tutti i nostri compagni di viaggio.

San Raffaele, guida caritatevole dei viaggiatori, tu che, per virtù divina operi guarigioni miracolose, degnati di guidarci nel corso del nostro pellegrinaggio terreno e suggeriscici i veri rimedi, che potranno guarire la nostra anima e il nostro corpo”.

 

Per finire come protettori dei viaggi c’è Santa Maria di Loreto patrona degli aeronauti e dell’aeronautica militare italiana. Per lei si prega la benedizione suddivisa in tre fasi:

  • nella prima si fanno voti di incolumità per chi si appresta a viaggiare
  • nella seconda e nella terza si prega la Vergine Maria e l’Angelo del Signore per la protezione e per il raggiungimento della meta.

 

Ermes divinità greca protettori dei viaggi

 

Dei

 

Il dio greco protettore dei viaggi è Ermes, il cui nome nella mitologia romana corrisponde a Mercurio mentre in quella etrusca Trums. Se lo ritroviamo in veste di protettore dei viaggiatori nell’antica Grecia, a Roma è indirizzato a sostenere i commercianti.

Da sempre considerato messaggero degli dei doveva continuamente spostarsi per portare i vari messaggi che gli venivano affidati.

Ermes era figlio di Zeus e della Pleiade Maia ed è uno dei dodici Olimpi. Porta sempre un borsellino, i sandali alari, il cappello anch’esso alato e il bastone da messaggero.

Yacatecuhtli era la divinità azteca dei viaggiatori, simile al Dio Ermes, che proteggeva chi si avventurava per questioni prevalentemente commerciali.

In lingua náhuatl il suo nome stava a significare “chi va prima” e il suo simbolo era un gruppo di bastoni legati. Un auspicio per un viaggio proficuo e senza imprevisti.

Spostandoci in India, il nostro protettore si chiama Ganesha, oppure Vigneshwara, ovvero ‘Colui che supera tutti gli ostacoli’. Si tratta di un elefante figlio di Shiva e di Parvati che possiede quattro braccia, un ventre prominente, una zanna e un gran sorriso.

Chi professa il credo induista si rivolge a lui prima di compiere qualsiasi viaggio o di iniziare una nuova impresa. 

D’altronde la sua immagine è alquanto emblematica, poiché l’elefante elimina gli ostacoli più grandi, mentre il topo che sempre lo accompagna rosica gli impedimenti più piccoli, così da liberare la strada al viaggiatore.

Come trovare il tuo locus amoenus senza viaggiare e senza spostarti da casa? Ma soprattutto cos’è il locus amoenus e cosa significa? Immagina di ritrovarti all’interno delle pagine di un libro dove si sta svolgendo la trama di un racconto. 

Il personaggio si trova in difficoltà e non sa come proseguire, chiede aiuto agli spiriti della natura che gli indicano un posto in cui sostare per riordinare le idee e ritrovare di nuovo la calma.

La letteratura come luogo di rifugio

 

Trova spazio nella letteratura antica il concetto di locus amoenus un luogo prettamente personale in cui il personaggio o il figurante possa rivelare la sua vera identità selvatica e positiva, libero dalle maschere sociali a cui deve ogni giorno assoggettarsi. 

Una sorta di paradiso terrestre contornato da una fitta vegetazione dai colori vividi e brillanti. E ancora il canto melodioso degli uccelli, lo stormire delle fronde degli alberi e il sibilo di una brezza leggera che risale dal gorgogliare di un ruscello. 

Si contrappone al “locus horridus o terribilis”, un posto oscuro e negativo dove regnano il male, la nefandezza e i colori tetri degli incubi infestati dai peggiori mostri.

Un’oasi di pace e un luogo del terrore: uno yin e yang in perpetua oscillazione dove il personaggio del racconto può raggiungere l’apice della serenità o scivolare perdendo il controllo.

Con lo scorrere del tempo e seguendo le diverse correnti filosofiche il locus amoenus cambia significato divenendo un luogo di solitudine fondendosi con il suo antagonista.

Più tardi ancora, in epoche moderne, è diventato un concetto frammentato disperso in luoghi e ricordi diversi, senza che tra questi intercorra una relazione sensata e sentimentale. 

Una parte delle tante rappresentazioni sociali a cui attingiamo costantemente per confrontarci con le persone che quotidianamente incontriamo al solo fine di intessere una qualsiasi relazione superficiale.

Quello di cui voglio parlarti, però, è la forma più antica e secondo me più autentica, quella che si avvicina di più al significato originale e che credo sia salutare per ognuno di noi.

 

Cartello che indica il rifugio: come trovare il tuo locus amoenus

 

Come trovare il tuo locus amoenus

 

Dopo questo preambolo, allora, come facciamo a trovare il nostro luogo incantato? Lo dobbiamo cercare fra i ricordi dei nostri viaggi, nei momenti in cui ci siamo fermati rapiti dai contorni e dai colori di un paesaggio.

In quei momenti in cui ci siamo sentiti piccoli di fronte alla potenza della natura e alla forza della sua sfuggente espressività, grati per vivere quell’istante magico. 

Quando siamo sobbalzati dalla sorpresa o abbiamo riso, di cuore, pervasi dalla gioia per un inconveniente improvviso, un cambio di programma repentino che ci ha regalato più soddisfazione che delusione. 

Se ancora non ti viene in mente nulla pensa a quella volta in cui ti sono venute le lacrime agli occhi al pensiero di ritornare a casa perché quei giorni trascorsi in vacanza ti hanno fatto sentire pieno di vita, espressione del tuo essere, entusiasta solo nel poter semplicemente respirare.

Raccogli quei ricordi e disegna il tuo luogo ideale. Non importa se sia al mare, in montagna o in qualsiasi altra parte. Pensa solo a ciò che rappresenta il tuo ideale di felicità.

Esaspera i contrasti con il tuo normale vivere, definisci i dettagli e rendilo il più veritiero possibile. Inserisci i suoni che ti rilassano, le forme che ti addolciscono. I profumi che ti inebriano, i gusti che ti stuzzicano e le persone che rendono migliore il tuo vivere. 

Lì puoi abbracciarle e coccolarle, perché sono nella tua mente e nella tua anima. Laddove non esistono restrizioni né imposizioni: solo affetto, salute e gioia.

Hai creato il rifugio dove andare a nasconderti quando hai bisogno di pace e di calore. Sai che è sempre lì, a tua disposizione, pronto ad aspettare la tua venuta.

Le uniche parole d’ordine per entrare saranno: “Sono io. sono tornato a casa!” seguite da un gran sorriso perché sei veramente tornato a casa, nella parte più selvatica e autentica di te.

La meditazione del locus amoenus

 

Nei momenti in cui non ti senti calibrato e vorresti ritrovare il tuo benessere puoi aiutarti con la meditazione del rifugio segreto o del tuo locus amoenus.

In sostanza si tratta di visualizzare un luogo da te conosciuto in passato che ti ha lasciato un bel ricordo oppure un posto completamente inventato ma che ti faccia sentire protetto.

Ciò che dovrai fare è rilassarti in una stanza silenziosa o all’aperto dove nessuno possa disturbarti per almeno dieci minuti. Scegli una posizione comoda, seduta o distesa, come preferisci.

Inizia a connetterti con il tuo respiro, appoggia una mano sopra l’ombelico e senti i movimenti naturali del tuo corpo. Percepisci una respirazione regolare o frammentata?

Immagina il tuo respiro come un cerchio: inspirando, l’aria sale dall’ombelico e poi espirando, esce dal naso per riconnettersi nuovamente al punto di partenza. Concentrati e fonditi con il tuo respiro.

Quando ti sembrerà di aver trovato la calma interiore e i pensieri si saranno fatti più radi immagina un luogo attraversato dall’acqua, riparato dagli alberi e immerso nei suoni della natura. Aggiungi alla tua immagine i sassi, l’acqua e il verde delle piante.

Ora apriti alle sensazioni: quali senti vibrare più intensamente? Leggerezza, pace, benessere, protezione. Riesci a sentirti al sicuro? Ci sono fiori o animali?

Riesci a sentire dei profumi particolari? Senti il rumore del vento, della pioggia, l’acqua che scorre nonostante gli intoppi? Se potessi toccare un elemento di spicco dell’immagine che consistenza avrebbe? Sarebbe morbida, vellutata oppure dura e fredda?

Cerca di imprime più particolari possibili e associa ad essi le sensazioni provate. Questo è il tuo rifugio segreto, il tuo locus amoenus, e potrai accedervi ogni qualvolta ne avrai bisogno.

Un consiglio: registra la tua voce mentre leggi questa meditazione inserendo delle pause al punto giusto così non dovrai aprire gli occhi ogni volta per leggere e potrai concentrarti solo sulla meditazione. 

Se ti serve un sottofondo musicale utile su come trovare il tuo locus amoenus ne ho trovato uno adatto alla meditazione: clicca qui.

La teoria degli specchi esseni affonda le radici nell’antichità, in una zona a 30 km da Gerusalemme, vicino al mar Morto. Si tratta di un’antica confraternita vissuta attorno al II secolo a.C., secondo le testimonianze di Plinio il Vecchio.

La loro comunità era di tipo monastico e non riconoscevano né l’uso del denaro, in quanto si dedicavano al baratto, né il vincolo del matrimonio, essendo liberi dai riti religiosi.

Possedevano, comunque, una loro particolare spiritualità che esulava completamente da quella pagana ma rimase sconosciuta fino al ritrovamento dei “Rotoli di Qumran” nel 1947. 

Fu solo lo scienziato e ricercatore Gregg Braden a far conoscere al mondo le teorie degli specchi esseni attraverso uno studio approfondito dei papiri ritrovati.

La teoria degli specchi esseni 

 

Secondo gli Esseni esistono 7 specchi che riflettono attraverso gli altri la realtà in cui viviamo. In sostanza significa che rapportandoci agli altri possiamo scoprire quale sono le affinità o le discrepanze che ci identificano. Sono gli aspetti del nostro inconscio a caratterizzarci e farci, quindi, avvicinare a una persona piuttosto che a un’altra. 

Per quale motivo sono così importanti?

Perché ci permettono di capire chi siamo, cosa vogliamo, dove stiamo andando e qual è il cammino che dobbiamo seguire per essere felici e soddisfatti della nostra vita. 

Assomigliano a 7 livelli di consapevolezza pur senza seguire un livello gerarchico. Per arrivare a riconoscerci come individui autentici dobbiamo comprendere la teoria degli specchi in ogni sua parte, senza nessuna eccezione.

Primo specchio

Lo specchio del presente: il momento in cui vivo ora mi sta dimostrando gli obiettivi che ho raggiunto e la consapevolezza che ho guadagnato. Quando un’emozione o un episodio si presenta in modo frequente vuol dire che dobbiamo imparare qualcosa e non lo abbiamo ancora fatto. 

Se nella quotidianità subiamo dei soprusi o incontriamo certi tipi di persone che ci causano irritazione o sofferenza, significa che dentro di noi, abbiamo una componente simile che ci infastidisce.

Ciò che dobbiamo fare è riconoscerla, come prima cosa e poi eliminarla, solo così potremmo tornare a essere in equilibrio con la nostra parte interiore. 

Secondo specchio: teoria degli specchi esseni

Il secondo specchio riflette il giudizio: così come giudichiamo gli altri, giudichiamo noi stessi o la situazione che viviamo al momento. Siamo in grado di discernere o ci facciamo trasportare dalle opinioni altrui?

Laddove puntiamo la nostra attenzione carichiamo allo stesso tempo la nostra energia direzionandola nella realtà che poi andremo a vivere. In sostanza con i nostri giudizi stiamo creando anche la nostra realtà.

Terzo specchio

Specchio dell’attrazione: tramite l’acquisizione di tale consapevolezza scopriamo ciò che ci apparteneva in passato e che ora abbiamo perduto. Succede quando proviamo attrazione per una persona, sia come amico che come amante, senza riconoscerne il motivo.

La soluzione è presto detta: quell’individuo possiede una qualità che ricerchiamo per essere in equilibrio con la nostra mente ma che sentiamo di non contenere più. 

Per questo motivo percepiamo un legame particolare, sottovalutando inconsciamente altri aspetti, che non riusciamo nemmeno a vedere con una lente di ingrandimento.

 

Riflesso del mondo teoria degli specchi esseni

 

Quarto specchio: teoria degli specchi esseni

Riflesso della dipendenza: sentiamo la necessità, senza conoscerne la motivazione, di immergerci completamente in qualcosa a discapito di altre attività magari più confortanti.

Un esempio classico è quella della totale dedizione al lavoro che preclude del tempo alla famiglia per poi ritrovarsi a rimpiangere di aver perduto momenti essenziali e irrecuperabili. 

Dobbiamo metterci in allarme quando non riusciamo a sottrarci a qualche dovere perché ciò significa essere già dipendenti e incanalati in un vortice di involontaria sudditanza. 

Quinto specchio

Specchio della divinità o del rapporto con il divino: inteso non solo in ambito religioso ma più propriamente in quello spirituale e quindi personale. 

Secondo gli Esseni, così come per altre filosofie, noi siamo tutti degli dei, degli esseri divini che perseguono gli obiettivi a cui siamo stati destinati dalla nascita.

Per comprendere questa divinità dobbiamo imparare a slegarci dall’unione con i nostri genitori e acquisire l’indipendenza che ci compete. In poche parole dobbiamo assumerci le nostre colpe e le nostre responsabilità. Dobbiamo, inoltre, liberarci dalle catene familiari che non ci permettono di spiccare il volo. 

Sesto specchio

La parte oscura: il sesto specchio ci mette di fronte alla nostra zona d’ombra, quella parte che nascondiamo agli altri per vergogna o per semplice insicurezza.

È la battaglia più difficile perché richiede il coraggio di affrontare definitivamente le nostre paure più recondite ma prima vanno stanate e comprese all’interno di noi. 

Il primo passo è quindi quello di capire quali siano i mostri che non ci permettono di avanzare e poi trovare lo strumento adatto per sconfiggerli senza rimanerne feriti. 

Settimo specchio: teoria degli specchi esseni

L’ultimo specchio concerne la perfezione: la comprensione finale di una situazione e la consapevolezza di quanto sia giusta e sincronica nonostante l’apparente incapacità di coglierne il senso. 

Tutto è uno e noi siamo parte dell’uno. Lo possiamo sentire in modo più deciso con l’aiuto della meditazione, l’introspezione e la ritenzione dei sensi.

La similarità con il concetto spirituale induista è impressionante. Ma se andiamo a scavare in profondità nella storia, troviamo che questo pensiero è rimasto ad aleggiare per molti secoli prima dell’avvento del Cristianesimo.

Come funziona il fenomeno Sliding Doors nei viaggi? Ti sei mai chiesto quali sono le conseguenze applicabili alle tue decisioni? 

L’altra sera stavo guardando la TV e facendo zapping mi sono imbattuta nel film di Gwyneth Paltrow “The Sliding Doors” in proiezione per la millesima volta. 

Non mi sono fermata sul quel canale ma la mia mente ha iniziato a vagare riguardo le scelte fatte e non fatte durante i miei viaggi e alle conseguenze che talune hanno riportato.

Improvvisazione

 

Nella mia vita di tutti i giorni sono una persona piuttosto riflessiva che tende a rimuginare molto sulle decisioni da prendere, diciamo pure che mi faccio un sacco di problemi e ingigantisco le sensazioni a essa collegate.

Durante i viaggi, però, mi trasformo: divento una specie di Wonder Traveler che segue l’intuito, sperimenta e si lascia trasportare dal momento presente.

Per questo mi considero come scissa in due parti: la Tania razionale e la Tayanita Travel (sì, le ho dato anche un nome!), una specie di alter ego che si attiva quando sono nel bel mezzo di un’escursione in qualche località straniera.

Se non avessi questa parte istintiva probabilmente i miei viaggi sarebbero molto più noiosi e meno movimentati invece, in qualsiasi contesto, riesco perennemente a stupirmi.

Non è che mi trasformo completamente, bada bene, la movida continua a non attirarmi tanto da preferire la flânerie per 40 chilometri al giorno all’inseguimento dei dettagli, piuttosto che trascorrere le serate al bar. 

 

Solo che prevale la mia parte istintiva, atavica, viscerale, sorprendendomi sempre.

 

È come se quella parte uscisse solo in una situazione completamente nuova e inaspettata, ed è effettivamente così. Per cui vago guardando negli occhi le persone che incontro, cercando di cogliere delle similitudini collegate al luogo che mi appresto a visitare, scovando, insomma, il Genius Loci

Poi, come quando faccio trekking in montagna, acuisco i sensi amplificando l’ascolto dei suoni, dei profumi, del gusto, del tatto e ovviamente della vista. 

Mi soffermo a cogliere questi aspetti che rendono il mio viaggio molto più intenso di quanto possa essere semplicemente camminando senza prestare troppa attenzione al contorno.

 

fenomeno sliding doors nei viaggi

 

Fenomeno Sliding Doors nei viaggi

 

Questo ragionamento mi fa pensare a come sarebbe diverso il racconto post viaggio se non lo vivessi in questi termini. Le scelte sarebbero più banali e calcolate?

Sicuramente sì, seguirei un percorso già tracciato da altri e magari sfiderei meno la paura scegliendo mezzi più comodi e meno pubblici. Per esempio, durante il mio soggiorno in Guatemala, ho testato tutti i vari mezzi di trasporto trovandomi in situazioni a dir poco paradossali!

Mi sono ritrovata a viaggiare tenendo la gabbia dei pulcini a una signora che aveva appena fatto la spesa al mercato e non sapeva dove sistemarli nel camioncino.

Per non parlare, poi, della Giordania! Ho scoperto troppo tardi che non tutti i tassisti ti possono portare all’entrata dell’aeroporto ma solo quelli accreditati.

La conseguenza è stata farmi un pezzo di strada a piedi prima di essere fermata dalla polizia. Dopo aver compreso la situazione hanno fermato una macchina e hanno intimato al conducente di accompagnarmi all’aeroporto, con un senso di imbarazzo inenarrabile da parte mia!

Eppure non possiamo sapere che piega possa prendere il nostro viaggio perché veniamo sopraffatti dal senso della libertà così a lungo soffocato nella routine quotidiana.

 

Il fenomeno Sliding Doors è inevitabile, quindi, ma anche emozionante!

 

L’effetto più interessante è quello di non sapere cosa sarebbe successo se avessimo compiuto un’altra scelta ma goderci solo quella che abbiamo fatto. 

E ciò che risulta essere ancora più importante, dopo queste riflessioni, è che dobbiamo prendere delle decisioni in modo da non doverci pentire successivamente.

Non tanto per aver fatto delle cose sbagliate che, secondo il mio parere durante un viaggio ci stanno, ma il fatto di non averle fatte. L’unica restrizione che devi fermarti è di fronte gli avvertimenti del tuo cuore. Se una situazione ti appare troppo esagerata o preoccupante, lascia perdere. Il nostro istinto ne sa sicuramente sempre più di noi, per il resto sii implacabile!

La simbologia degli animali nei viaggi è molto importante, lo ricordano anche i Maya con i loro nahual ma vale anche per noi occidentali. Mi ricordo, infatti, durante il mio soggiorno in Guatemala quanto rimasi affascinata nel conoscere i segni zodiacali mesoamericani.

Di quali segni sto parlando?

Secondo la cosmo-visione Maya ogni persona nasce con il proprio animale guida che corrisponde al suo nahual. Questo, assieme ad altri segni facenti parte della croce Maya, identificano l’individuo nella sua personalità.

Non solo!

Infatti lo dirigono nella vita facendogli seguire il percorso spirituale più adatto a lui affinché il suo scopo di essere umano venga realizzato. Per fare ciò deve essere consapevole del ruolo che deve svolgere nella comunità e seguire i dettami del suo animale guida e dei suoi segni sostenitori.

Ogni giorno è poi legato a un’attività che se eseguita sarà costellata dal successo perché realizzata nel giorno più propizio. Per questo è importante conoscere i nahual e consultare ogni giorno l’oroscopo.

 

Se vuoi approfondire l’argomento ti consiglio di leggere l’articolo che ho scritto qualche tempo fa:

 

La simbologia degli animali nei viaggi

 

Questa mattina mi stavo dirigendo nel mio locus amoenus, in cui mi rifugio ogni qualvolta abbia bisogno di ricaricare le batterie o di ripulire la mente da pensieri tossici. Si tratta della Valle Santa Felicita a Romano d’Ezzelino, il paesino in cui abito, in prossimità delle montagne.

Ebbene, stavo affrontando una salita per scaricare le tossine ed esercitare il respiro che avrebbe spazzato via la pesantezza nell’anima, quando mi sorpresi a osservare l’immobilità di una roccia sospesa quasi a mezz’aria e sostenuta da un masso ancora più grosso di lei. Mi arrivò fulmineo questo pensiero:

“La vita è una questione di equilibrio diretta dai pensieri e dalle emozioni che possono affossarci o innalzarci”

Può sembrare un po’ esagerata come pensiero ma ti assicuro che si è ben definito nella mente il concetto di equilibrio. Subito dopo ho sentito un rumore: c’era uno scoiattolo che mi osservava dalle fronde degli alberi. Non sembrava impaurito ma incuriosito.

Con me c’era anche il mio angelo a quattro zampe Pepe che subito si è messo in allerta ma non recependo l’odore selvatico si è preoccupato solo di tendere l’orecchio senza partire in picchiata verso l’animale.

 

Io e Pepe

 

A quel punto mi è venuto da riflettere sulla simbologia degli animali nei viaggi e di quanto ci parlino senza che noi ne prestiamo attenzione. Durante la salita ho visto diversi dettagli che non avevo mai notato, nonostante faccia spesso quel sentiero.

Ho compreso come la natura ci sappia parlare nel momento in cui siamo più propensi ad ascoltare.

Durante la pausa che ho fatto sedendomi nel mio sasso preferito ho controllato su Google la simbologia dello scoiattolo mentre in quel momento si alzava in volo, non troppo distante da me, un falco, lanciando il suo grido acuto.

Ho letto che lo scoiattolo simboleggia l’equilibrio fra le attività svolte come il lavoro e il divertimento, il riposo e il movimento, la compagnia e la solitudine.

Ma non solo!

Indica anche la fiducia che si ripone negli altri, nel mondo, nella società e soprattutto in noi stessi: proprio quello di cui difetto in questo particolare periodo.

Il falco, invece, simboleggia la ricerca spirituale e quindi l’affidamento alle proprie abilità, al credere di potercela fare nonostante le difficoltà, le critiche o la paura e in ultima, la lungimiranza.

Sono rimasta spiazzata perché la natura mi ha dato, attraverso i suoi segnali, proprio ciò di cui avevo bisogno e ha ripulito la mente dai pensieri negativi che mi avevano portato a rincuorarmi nel bosco.

 

Il falco messaggero di lungimiranza simbologia degli animali nei viaggi

 

Gli animali nelle varie culture

 

In quasi tutte le culture gli animali sono dei simboli temuti e rispettati in quanto messaggeri di informazioni che è bene considerare per vivere un’esistenza serena.

La stretta vicinanza che l’uomo ha sempre avuto con questi esseri l’ha portato ad attribuirne un significato ben specifico che si differenzia in base alla geografia e al luogo.

Ad esempio, come ti ho accennato prima, per i Maya gli animali erano dei consiglieri che era necessario ascoltare per assolvere il proprio compito sulla Terra.

Anche in Europa gli animali hanno sempre avuto una grandissima valenza fra i popoli tanto quanto gli alberi, altri esseri considerati saggi, sacri e portatori di notizie.

Quindi, se l’importanza che abbiamo dato in passato agli animali è rimasta intatta nel tempo perché non dovremmo affidarci a loro anche oggi?

Io penso sia importante guardare oltre la cortina della razionalità e affrontare i nostri dubbi e le nostre paure. A seguito dell’incontro con lo scoiattolo mi è venuto in mente un fatto avvenuto a Bled, in Slovenia.

Dalla sommità del monte Straža scende per 520 metri lo slittino del Parco Avventura di Bled che ho voluto provare durante uno dei miei soggiorni nella località termale slovena.

Solo che avevo paura e ho fatto quasi tutto il percorso con il freno a mano tirato per poi giungere alla fine e pensare che sarebbe stato più divertente se mi fossi lasciata andare (la prossima volta lo farò!).

Il punto è che la prima volta, quando ci approcciamo a qualcosa di nuovo siamo spaventati, come quando facciamo un viaggio in una località mai vista, ma se ci lasciamo travolgere dalla paura non ci gusteremo l’esperienza.

Lo stesso vale con qualsiasi altro aspetto della nostra vita: un rapporto d’affetto, un lavoro, un cambio di casa o un trasloco, eccetera. Tutti questi elementi se vissuti con il freno a mano tirato perderanno la sua essenza e la sua meraviglia.

Pertanto, ciò che voglio dire in conclusione è che grazie a quel scoiattolo, ho capito che dovevo essere meno spaventata ma più propensa a rischiare per riuscire a realizzare quei sogni che io stesso fatico a credere realizzabili.

Allo stesso tempo, però, non devo rinunciare a tutto il resto per inseguire i miei sogni perché la vita richiede equilibrio, lungimiranza e fiducia come il falco mi ha suggerito.

Hai mai pensato di viaggiare seguendo gli elementi energetici che senti mancare nella tua quotidianità? Terra, acqua, fuoco, aria e vuoto?

Ti sto immaginando mentre mi guardi con le sopracciglia alzate cariche di sorpresa! Quello che vorrei chiederti, in sostanza, riguarda una teoria facente parte della filosofia orientale, che ora ti spiegherò.

Elementi energetici

 

Gli elementi energetici fanno parte della filosofia dello Shinrin Yoku, la silvoterapia come la chiamiamo in Italia o il bagno di foresta, il forest bathing o l’immersione nella foresta.

Questi principi nascono in Giappone e si sviluppano velocemente in tutto il mondo favoriti dalle confutazioni scientifiche ad essi applicate emerse nel tempo.

Si tratta essenzialmente di riconoscere il forte potere curativo della natura amplificata quando ci troviamo in prossimità o all’interno di un terreno boscoso.

Sono proprio gli alberi che rilasciando fitoncidi, delle sostanze antibiotiche, purificano l’aria favorendo in questo modo il rilassamento mentale e muscolare.

Ecco perché dopo una lunga passeggiata nel bosco ci sentiamo rigenerati, rilassati e la nostra mente risulta più lucida, con pensieri che assumono una connotazione positiva.

Gli elementi energetici sono chiamati Godai e sono illustrati in un libro antico pubblicato da un samurai, tale Miyamoto Musashi, che identifica questi elementi anche nel carattere di ogni persona.

Forse è più corretto dire nel temperamento dato che gli elementi con cui ci sentiamo più in affinità determinano il nostro modo di fare, di pensare e di agire.

Alla stregua di ciò possiamo riconoscere alcuni luoghi nel mondo che hanno una maggiore presenza degli elementi citati e sarà proprio il tuo istinto a suggerirtelo.

Diga di Cadore: elementi energetici

Diga di Cadore

Terra: elementi energetici

L’elemento Terra è quello connesso alle nostre radici e funge da sostentamento a tutti gli altri elementi. Si esprime nei sassi e nelle pietre, nei componenti legati alla terra capaci di dare sostanza e creare un sistema.

Se volessimo paragonare l’elemento Terra al nostro corpo esso corrisponderebbe alle ossa, ai muscoli e agli altri tessuti. Tutto ciò che sostiene e da forma al nostro corpo fisico.

Il viaggio relativo a questo elemento energetico è quindi legato al Genius Loci. Lo spirito del luogo in cui siamo nati che ci ha plasmato e ci donato le caratteristiche comuni che possediamo.

Ciò vuol dire compiere un viaggio nel territorio in cui siamo cresciuti. Alla ricerca del radicamento, della sicurezza e dell’espressione del nostro essere interiore.

Acqua

L’acqua è qualcosa di instabile, mutevole, incostante e paragonata al nostro essere rappresenta le emozioni, le sensazioni e i pensieri che genera la nostra mente.

In natura invece appartiene ai fiumi, ai mari, ai laghi, a tutti i corsi in perpetuo movimento ma anche alle piante per la loro capacità ad adattarsi alle stagioni e al movimento del sole.

Se sentiamo di non riuscire a gestire il flusso dei pensieri e ci sentiamo allontanare dal nostro essere dobbiamo compiere un viaggio in zone con una forte presenza di acqua. I luoghi consigliati sono soprattutto le isole.

 

Fuoco

Stiamo parlando dell’elemento creatore, il più energetico fra tutti gli elementi. Se utilizzato in modo scorretto può trasformarsi in forza distruttrice e disgregante.

Il nostro metabolismo e il calore corporeo sono funzionali alle emozioni motivanti come la passione, il desiderio, l’ardore, la brama, la determinazione nel raggiungere i nostri obiettivi.

Nel caso ci sentissimo demotivati o insoddisfatti dovremmo ricercare luoghi dove il fuoco sia presente e possa in qualche modo comunicare con il nostro organismo.

In questo caso, dunque, andremo a scegliere località vulcaniche che con il loro continuo lavoro di creazione di magma ci possa essere di aiuto a generare altrettanta forza. Dovremo stare attenti a non avvicinarci troppo al fuoco per non soccombere alla sua potenza distruttrice.

 

Aria

La bellezza dell’elemento aria sta nella sua inconsistenza, nel suo essere presente senza che si possa veramente entrare in contatto con essa. Possiamo includere nell’elemento aria anche la sabbia o la pioggia per la loro capacità di scivolare e scorrere via.

Nel nostro organismo la identifichiamo con il respiro, il fluire della vita, la danza che da nutrimento alle nostre cellule ma anche alla libertà di movimento, l’empatia e la resilienza.

Il comprendere ciò che non viene detto come nel linguaggio del corpo, le sensazioni che percepiamo e che dirigono le nostre azioni verso momenti di iniziale incomprensione.

Sto parlando dei gesti improvvisi che ci appaiano così distanti dal nostro solito modo di agire da sembrarci inconsulti ma che nascondono, in realtà,  un’insofferenza non pienamente accettata.

Per ritrovare l’equilibrio nella tua mente e nelle tue azioni ti consiglio i luoghi ventosi, dove potrai provare all’inizio una sorta di fastidio ma sarà proprio quella sensazione di insoddisfazione che ti farà capire la dissonanza o la disarmonia della tua anima.

 

Vuoto: elementi energetici

Il vuoto in natura equivale alle pareti rocciose che cadono a strapiombo sul mare o i costoni delle montagne che scivolano verticalmente a valle.

Fisicamente, invece, simboleggia il nostro io più profondo e autentico, quello che troppo spesso non guardiamo o non stiamo ad ascoltare perché allontanato da sovrastrutture psichiche indotte dalla comunità, dai media o dagli affetti.

Cerca il vuoto quando senti di aver perso la connessione dentro di te, quando non sai quale decisione prendere o quando i dubbi ti assillano senza lasciarti scampo.

Visita i luoghi incontaminati, selvaggi, carichi di energia nonostante all’apparenza tutto sembri statico o inutile: sarà proprio in questo stato che ritroverai la risposta giusta alle tue domande.

Una mattina mi sono svegliata ponendomi questa domanda: si viaggia per essere liberi oppure bisogna sentirsi liberi nel viaggiare? Questo perché ho ripensato alla mia vita da viaggiatrice e ai vari insegnamenti imparati. Fra i più importanti c’è stato la comprensione del concetto di libertà che ho dovuto rivalutare nel corso dei viaggi.

Nel mio immaginario infantile, ispirata dal personaggio di fantasia Phileas Fogg, protagonista del romanzo di Jules Vernes “Il giro del mondo in 80 giorni“, la libertà era la possibilità di fare qualsiasi cosa passasse per la mente.

Non ho cambiato di molto la credenza ma solamente ampliata. Se non hai letto il romanzo ti consiglio di farlo al più presto ma ti posso raccontare brevemente di cosa parla.

Mr. Fogg a causa di una scommessa decide di fare il giro del mondo e parte in compagnia del suo fidato maggiordomo Passepartout senza aver il tempo di organizzare il tutto.

Si ritrova così a vivere mirabolanti avventure entrando in contatto con culture e società completamente differenti. Alla fine rientrerà in patria ma vincerà o perderà la scommessa? Per scoprirlo ti lascio alla lettura del libro!

Libertà di scelta

 

Quando lessi il libro mi colpì profondamente la possibilità di variare la routine di punto in bianco senza impedimento di alcun tipo. Mr Fogg era un Lord inglese e quindi le sue attività erano di tipo filantropico, pertanto poteva permettersi di assentarsi da Londra per lunghi periodi senza riscontrare problemi.

Io, nella mia vita da adulta, avrei potuto fare lo stesso? Non sono nata nella bambagia e quindi lo esclusi a priori anche se non smetto ancora adesso di cercare una soluzione.

Il concetto, però, è quello di avere la possibilità di viaggiare non appena se ne presenta l’occasione; ma è questa la vera libertà che possono dare i viaggi?

Libertà di essere sé stessi

 

Durante un viaggio a Berlino mi resi conto che, nonostante fossi in una località bellissima con mille attività da fare e da vedere, io non riuscivo a sentirmi soddisfatta.

In conseguenza a ciò capii che un viaggio non permette di sentirsi liberi: nonostante lo spostamento non si lascia a casa quell’ombra ingombrante che nutre la paura e l’aspettativa. Non siamo liberi senza la scelta consapevole di esserlo.

Per questo motivo la sfida più grande nei viaggi è quella di abbandonarsi agli eventi, ai percorsi e alle sensazioni che vanno nascendo, immergersi nel flusso del momento senza pensare a cosa è giusto fare.

Solo in questo modo riusciamo a sentirci liberi perché mettiamo da parte la nostra personalità, la stessa che determina chi siamo o come dovremmo comportarci, per lasciare libero arbitrio al cuore.

Durante un tour in Irlanda visitai la contea di Durren, ci fermammo per visitare una scogliera e da un anfratto della roccia salì una spruzzata di acqua gelida marina.

L’acqua mi colpì direttamente sul viso facendomi sorridere ed ebbi all’improvviso un’illuminazione. La mia mente generò un pensiero e sentii come se, quell’istante, non avesse bisogno di nient’altro da aggiungere per essere perfetto.

 

Tra la top 10 Irlanda le scogliere delle Cliffs of Moher essere liberi

 

Esseri liberi come piccole gocce dell’oceano

 

Fu una lezione che non dimenticai mai perché mi fece comprendere il vero senso della libertà che non si nasconde dietro le scelte che possiamo fare ma alle decisioni che decidiamo di prendere.

La vera libertà è essere semplicemente chi siamo senza sovrastrutture sociali, ambientali o psicologiche, degli esseri imperfetti che cercano il loro meglio con il poco che hanno.

Una lezione che mi ha fatto sentire leggera proprio come quella goccia di acqua che invece di perdersi fra le onde del mare, come avrebbe dovuto fare, ha deciso di salire per toccare il mio viso e fondersi per un attimo con la mia anima.

L’oceano è il mondo, l’acqua è il nostro tessuto sociale e le gocce siamo noi: facciamo parte di ciò che ci circonda ma possiamo anche essere delle piccole entità che fanno delle scelte, dove queste ci portino poi, dipende solo da noi.