Qual è il significato di Walkabout e perché riguarda un po’ tutti?
ll significato di walkabout è abbandonare la quotidianità al fine di ritrovare l’equilibrio nelle proprie radici culturali. Ed è ciò che sono soliti fare gli aborigeni australiani di tanto in tanto.
Origine del significato di Walkabout
Quando l’Australia venne colonizzata e gli aborigeni furono fatti schiavi, succedeva ai proprietari terrieri di svegliarsi una mattina e scoprire che i propri uomini se n’erano andati. Erano semplicemente svaniti, volatilizzati.
Avevano forse deciso di scappare? No, perché passate settimane facevano ritorno.
Dov’erano andati? In giro.
Nacque in quel frangente il termine walkabout il cui significato letterario è “gironzolare”. Questo è ciò che pensavano gli inglesi del walkabout ma per i nativi australiani era tutta un’altra storia.
La via dei canti
Secondo la tradizione aborigena il mondo è attraversato da infiniti percorsi denominati “vie dei canti”. Si tratta di itinerari affrontati da animali o esseri umani intrecciati ad avvenimenti a loro successi.
Grazie ai canti conosciuti e recitati dai santoni o da tutti quelli che ne conoscono la storia, questi episodi non vengono dimenticati. Inoltre, servono a disegnare collegamenti fra passato, presente e futuro.
Il metodo usato dagli aborigeni per rappresentare una via del canto è tracciare sul terreno una serie di righe inframmezzate da cerchi. La riga rappresenta il viaggio dell’Antenato, ovvero colui che si mette in viaggio, mentre i cerchi sono le soste o gli accampamenti dell’Antenato.
In sostanza lasciano una traccia nel mondo affiancandola a quelle preesistenti in modo da rafforzarle. Ecco che, ad esempio, la montagna diventa la battaglia fra un geco e un uccello, così come il passaggio di un antenato ne disegna le sequenze.
Queste vicissitudini vengono cantate seguendo un’impostazione e una melodia originale e diversa da tutte le altre narrate. Come fanno gli aborigeni a riconoscerle?
Ad oggi rimane un mistero che appartiene esclusivamente alla cultura aborigena ed è giusto che sia così. Addirittura considerano il luogo del concepimento non la casa dove sono nati ma il posto che conserva il momento della decisione del concepimento.
Quel punto viene chiamato Tjuringa ed è meta di pellegrinaggio per tutta la vita. Solo attraverso quel percorso e quella sosta possono considerarsi o ritornare a essere “antenati”.
Perché riguarda anche noi?
Sembra quasi ci sia un’assonanza fra la mitologia classica e la via dei canti, come se gli antichi avessero voluto in qualche modo imprimere le gesta degli eroi o degli Dei per sempre nella memoria collettiva.
L’intento era quello di preservarne il ricordo e di lasciare ai posteri delle radici culturali alle quali attingere nei momenti difficili, quelli in cui si perdono le proprie coordinate.
Una geografia totemica, come la definisce Bruce Chatwin, dove possiamo ritrovare luoghi e avvenimenti collegati dal filo di un importante passato antropologico. Una strada in cui non perdersi ma ritrovarsi. Utile in questi momenti incerti e fragili, dove l’equilibrio sembra essersi incrinato.
“Ancora oggi, disse Wendy, quando una madre aborigena nota nel suo bambino i primi risvegli della parola, gli fa toccare le «cose» di quella particolare regione: le foglie, i frutti, gli insetti e così via.
Il bambino, attaccato al petto della madre, giocherella con la «cosa», le parla, prova a morderla, impara il suo nome, lo ripete – e infine la butta in un canto. «Noi diamo ai nostri figli fucili e giochi elettronici» disse Wendy. «Loro gli hanno dato la terra”. (Bruce Chatwin)
Se vuoi approfondire l’argomento ti consiglio di leggere il libro di Bruce Chatwin – La Via dei Canti oppure guardare il film “Walkabout”. Ti lascio il film in lingua inglese a questo link.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!